EURO2016 – Il Girone F (Portogallo, Austria, Islanda, Ungheria)

IL GIRONE F

Il Portogallo di Cristiano Ronaldo

Cristiano Ronaldo

Obiettivo numero uno. Mettere Cristiano Ronaldo in condizione di battere a rete il maggior numero di volte possibile.
Obiettivo numero due. Confidare nella vena realizzativa di Cristiano Ronaldo.
Il Portogallo di Santos è una squadra che deve necessariamente appoggiarsi al suo totem: Cristiano Ronaldo è il giocatore più forte del mondo e la sua classe dovrà per forza di cose trascinare la squadra lusitana.
Ci si aspetta sempre che CR7 risolva le partite (e lo fa), ci si aspetta che trascini il suo club a vittorie roboanti (e lo fa), ci si aspetta che lo faccia anche e soprattutto con la sua Nazionale…Ed eccoci arrivato al punto di non ritorno.
I suoi detrattori gli rinfacciano le numerose magre rimediate con il Portogallo ma questa edizione di EURO è una delle ultime chiamate per il classe 1985.
I lusitani si sono qualificati al termine di un girone di qualificazione tutto sommato agevole: 7 vittorie e 1 sconfitta, 5 goal per Ronaldo (capocannoniere del girone I) sugli 11 della squadra.
E se il problema realizzativo del Portogallo lo può risolvere solo Ronaldo, ecco che nelle ultime uscite prima di Euro, l’attacco si è sbloccato mandando in rete tutti i suoi protagonisti.
Sono molto dubbioso sulla squadra e sulle sue reali possibilità. Rui Patricio tra i pali non è certo affidabilissimo, come non lo è la cerniera centrale Bruno Alves-Pepe (o Fonte) tra il primo e il secondo fanno a gara a chi commette più sciocchezze e spesso sono un danno più che una garanzia.
In più, nei ruoli chiave il Portogallo sembra rimasto fermo a qualche anno fa: Joao Moutinho, Quaresma, Eliseu, Nani…insomma, questo benedetto ricambio non funziona al 100%.
Scalpitano e, sarei curioso di vederli giocare, Renato Sanches, André Gomes e Guerreiro: tutti e tre rappresentano la nouvelle vague portoghese. Per il primo il Bayern di Ancelotti ha fatto un investimento: a 18 anni non giochi con quel piglio in Campionato ma soprattutto in Champions League.
Il modulo sarà il 4-2-2-2 con una specie di quadrato a centrocampo e due “punte” che tendono a non dare punti di riferimento.

Obiettivo
Il passaggio del turno e l’approdo tra le prime 8 dell’Europeo.

Perché tifare Portogallo?
Innanzitutto per Lisbona e i suoi tetti. Per il cafè A Brasileira. Per i Miradouros. Per i tram. Per Alfama, Graça e il Bairro Alto.
Poi per i Madredeus e il loro fado (se preferite i classici c’è Amalia Rodrigues oppure l’icona del momento, Mariza). Bisognerebbe tifare per i lusitani per il loro regista ultracentenario Manoel de Oliveira, per la scrittura di Fernando Pessoa e José Saramago.
Per il bacalhau e il pesce grelhado, per il vinho verde e per i percebes.
Per i colori del cielo dell’Algarve. Per il fiume Douro risalito in barca mentre il porto scorre a fiumi nei bicchieri. Per le Quintas che lo producono e le cantine in cui lo puoi degustare e comperare.

L’Austria e la rinascita multietnica

Una formazione dell’Austria

Non più di venti giorni fa, l’Austria eleggeva il suo nuovo Premier.
A contendersi l’elezione, al ballottaggio, sono andati il Verde Alexander Van der Bellen mentre per la destra si presentava il candidato Norbert Hofer.
La vittoria è andata, per un pugno di voti, al primo. Probabilmente l’Austria è un paese con una forte componente destrorsa e sarebbe stato interessante, soprattutto dal punto di vista sociale, come sarebbe stata vissuta l’avventura della nazionale austriaca a Euro2016.
Già perché se l’estrema destra tedesca non riconosce i volti dei giovani giocatori che compongono la Die Mannschaft stampati sulle barrette Kinder, sarebbe stato interessante verificare come la politica avrebbe gestito l’Europeo del DAS Team più multietnico di sempre.
Allo stesso tempo, come poter conciliare il muro eretto al Brennero con le prestazioni di Dragovic, Alaba, Okotie, Arnautovic e Junuzovic?
Contraddizioni che inevitabilmente non possono che ripercuotersi nell’immediato e nel vissuto di giocatori che hanno scelto l’Austria come patria calcistica. Contraddizioni che vanno a cozzare con il presente di un paese in imbarazzo davanti alle politiche di immigrazione.
Intanto questa squadra multietnica ha compiuto una impresa straordinaria qualificandosi per la prima volta alla fase finale degli Europei, se si eccettua l’apparizione a EURO2008 come paese ospitante.
Squadra molto interessante, possibile outsider con giocatori interessanti e un gruppo di giocatori in rampa di lancio: oltre ai sopracitati giocatori oriundi (Arnautovic e Alaba sono comunque nati a Vienna) vanno segnalati tra gli altri Fuchs (Leicester), Hinteregger (M’Gladbach), Wimmer (Tottenham) e Schöpf (Schalke04).
Agli ordini del tecnico Marcel Koller c’è una squadra che vuole stupire, forse la migliore nazionale austriaca dell’ultimo trentennio. Gruppo solido, schierato con il 4-2-3-1 e un undici di titolarissimi inamovibili.

Obiettivo
Il girone sembra molto equilibrato e questo potrebbe essere un problema. Sulla carta Portogallo in prima fila, Austria e Islanda vicine e Ungheria ad inseguire.
La sensazione è che l’Austria si giocherà il secondo posto con gli islandesi ma attenzione: i bianchi hanno vinto il loro girone di qualificazione a mani basse (imbattuti) relegando al secondo posto la Russia e mandando agli spareggi la Svezia.
Ottavi con vista quarti di finale, obiettivo realistico.

Perché tifare Austria?
Perché Vienna è una città meravigliosa e a Vienna non ha vinto l’estrema destra. Perché il cinema austriaco ha consegnato alla storia, registi di livello internazionale: Stroheim, Pabst, Von Sternberg, Billy Wilder, Otto Preminger, Fred Zinnemann e non ultimo, Michael Haneke.
Perché la Sacher Torte è IL dolce per eccellenza.
Perché Mozart era un genio e Von Karajan anche.
Perché il Concerto di Capodanno è esaurito da sempre. Perché un paese che non ha il mare ma ha forma di pesce, non può non destare simpatia.

L’Islanda, ghiaccio bollente

Festa islandese

Il più piccolo paese mai qualificato ad un Europeo. (329.000 abitanti come Bari più o meno)
La scalata della classifica Fifa dal posto numero 134 al 23 in quattro anni: e una legge per combattere la tendenza dei giovani ad abusare di alcol e fumo. Così il governo costruisce campi da calcio e impianti sportivi.
Il movimento inizia a scuotersi dopo poco e i risultati si vedono. La squadra allenata da Lagerback (conosciuto per il binomio con Soderberg alla guida della Svezia, uno tattico l’altro motivatore) è arrivata seconda nel girone A, quello dell’Olanda (battuta due volte su due) per intenderci.
Definita sorpresa, questa Islanda ha le stimmate della squadra con la S maiuscola. Dei 23 convocati per EURO, nessuno gioca in patria.
Oramai i giocatori islandesi sono protagonisti in tutta Europa e l’esperienza accumulata li ha resi più competitivi: in Italia giocano Emil Hallfredsson e Magnusson, ma molti disputano i campionati di Germania, Inghilterra, Francia e Svezia.
Squadra interessante, tutta da scoprire, che si schiera con un molto anglosassone 4-4-2 con Sigurðsson e Gunnarsson a centrocampo mentre davanti il bomber è Sigthorsson che si alterna con Finnbogason.
In panchina quella vecchia volpe di Ejdur Guðjohnsen ex di Chelsea e Barcellona, tra le altre: il 37enne attaccante detiene un singolare record. Ha esordito in nazionale nel 1996 nell’amichevole Estonia-Islanda. A dargli il cambio suo padre Ernor, 34 anni.

Obiettivo
Se contasse solo l’entusiasmo direi che gli islandesi potrebbero addirittura arrivare alla finale di Parigi. Scherzi a parte, se avessi 100 euro da buttare li metterei sull’Islanda come vincitrice di Euro.
Realisticamente gli islandesi sono una mina vagante. Squadra da prendere con le molle. Potrebbero arrivare fino agli ottavi e con un po’ di fortuna anche ai quarti.
Oltre sarebbe un miracolo.

Perché tifare Islanda?
Innanzitutto perché i piccoli fanno sempre tenerezza e simpatia. Poi perché gli islandesi appaiono assolutamente e terribilmente naif. Perché i Sigur Ròs sono un gruppo musicale straordinario e perché i loro video fotografano un paesaggio incredibile.
Perché sono riusciti, grazie all’eruzione di un vulcano, a bloccare mezzo mondo.
Perché lo Stjarnan, prima divisione Islandese, quando realizza un goal, inventa delle esultanze che valgono il prezzo del biglietto.


L’Ungheria, la notte più lunga

Gabor Kiraly

L’attesa è durata trent’anni. 1986, Mondiale in Messico e ultima apparizione sul palcoscenico internazionale per la nazionale magiara. Sono passati quarantaquattro anni dall’ultimo Europeo (1972) e il calcio, in Ungheria, si è fermato ad aspettare che qualcosa cambiasse.
In realtà poco o niente è cambiato. Questa volta però ci è voluto un pizzico di buona sorte palesatasi nel momento giusto (playoff contro la Norvegia).
Lontanissimi i tempi dell’Aranycsapat che, negli anni Cinquanta, capitanata da Puskas, ha scritto la storia del calcio ungherese. La squadra d’oro sfiorò la vittoria nel Mondiale del 1954 e vinse le Olimpiadi nel 1952 (oltre che nel 1964 e nel 1968).
La squadra allenata da Storck sembra essere la più debole delle 24 in lizza per diventare Regina d’Europa.
Poche, pochissime le stelle, tra cui spicca il capitano Dzsudzsák e l’eroe dei playoff Kleinheisler.
Nella rosa ci sono ancora tre vecchie conoscenze del calcio europeo: in porta il decano Kiraly, l’estremo difensore che gioca in tuta, poi Zoltan Gera, carriera da giramondo culminata con una bella esperienza inglese al Fulham e infine Juhász difensore ex Anderlecht.
Per tutti e tre la convocazione è un premio alla carriera.
Sarà 4-2-3-1 con il solo Szalai là davanti.

Obiettivo
Evitare le figuracce. Non c’è molto altro da dire su una squadra con scarsa qualità. Certo l’entusiasmo sarà importante, ma a questi livelli conta molto l’esperienza e l’Ungheria, non ne ha.
Tre partite e via. L’importante era riaffacciarsi alla finestra del calcio che conta.

Perché tifare Ungheria?
Innanzitutto per quella che fu una delle squadre più importanti del mondo. Puskas, Hidegkuti, Czibor, Kocsis e poi arrivarono i carri armati a Budapest. Tutto finì.

Bisognerebbe tifare per l’Ungheria per Budapest e la sua magnificenza. Per il Danubio enorme gigante d’acqua e per il sole che si riflette sui vetri del Parlamento.
Per le terme dell’Hotel Gellert.
Per la Pustza verde e sconfinata. Per la lingua incomprensibile. 
Per il risultato più roboante mai visto in un Mondiale di calcio: 10-1 al malcapitato El Salvador. Era il 1982. Per la loro nazionale di pallanuoto che a Melbourne fa diventare rossa l’acqua della piscina olimpica: si giocava Ungheria-Urss e da poco erano entrati i carri armati russi a Budapest.
Perché marca Budavari, marca Budavari, marca Budavari…è un mantra. E come tale va ricordato e mandato a memoria. 

Calendario

Scontri diretti

Ultimo incontro: 2006, Austria 1-2 Ungheria (Amichevole)
Ultimo incontro: 2011, Portogallo 5-3 Islanda (Euro Qualifiers 2012)
Ultimo incontro: 2011, Ungheria 4-0 Islanda (Amichevole)
Ultimo incontro: 1995, Austria 1-1 Portogallo (Euro Qualifiers 1996)
Ultimo incontro: 2014, Austria 1-1 Islanda (Amichevole)
Ultimo incontro: 2009, Portogallo 3-0 Ungheria (Qualificazione Mondiali 2010)

Pubblicato da Danilo Baccarani

Di Torino, amante di calcio e sport, laureato in storia del Cinema, innamorato di Caterina e Francesco, sposato con il Toro. Se rinascessi vorrei la voleè di McEnroe e l'impermeabile di Bogart, ché non si sa mai.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: