Le 32 protagoniste – Puntata no.21 – L’Argentina

La Squadra – L’albiceleste / La Selección

L’Argentina ha raggiunto l’obiettivo di Russia 2018 grazie ad un girone di qualificazione più complicato del previsto.
Sono stati necessari due allenatori, Bauza e Sampaoli, per una Selección a dir poco irriconoscibile, a tratti in balia degli avversari e cosa ben più grave, priva di uomini in grado di prendere per mano una squadra drammaticamente smarrita.

Conoscendo il movimento argentino e il numero di campioni convocabili, verrebbe da chiedersi quale sia il problema.
I fantasmi di una clamorosa eliminazione sono stati scacciati in extremis anche grazie alla ritrovata vena di Leo Messi che nella partita più importante, contro l’Ecuador a Quito, si è destato da un preoccupante torpore.

Più di un merito va a Sampaoli, ct subentrante, che ha raccolto i punti necessari alla qualificazione: 6 partite, 3 vittorie e 3 pareggi che hanno allontanato anche il fastidioso playoff interzona (che sarebbe stato una formalità, dato il valore dell’avversario, contro la Nuova Zelanda).
Merito di Sampaoli aver normalizzato un ambiente sull’orlo di una crisi di nervi, anche con decisioni non sempre comprensibili che molti tra media e tifosi rimandano a “decisioni prese dallo spogliatoio o direttamente dal suo leader”: per la serie citofonare Leo Messi.

Jorge Sampaoli

Al netto di gossip più o meno realistici, il casus belli, quello di Icardi, è definitivamente detonato con le convocazioni a Russia 2018: il centravanti interista è rimasto a casa e il veto parte da lontano.
Incredibile comunque come si possa rinunciare a cuor leggero ad un super bomber come Icardi, considerando che gli sono stati preferiti nel recente passato giocatori come Pratto e Alario.

Sembra incredibile come l’ambiente albiceleste non riesca ad essere mai sereno e proprio in queste ore rimbalza dall’Argentina un caso mediatico che potrebbe destabilizzare il percorso di Messi e c. .
I media argentini riportano un caso di molestie sessuali che vedrebbe coinvolto il Ct Sampaoli, la federazione smentisce ma oramai la notizia è diventata virale e sicuramente non passerà inosservata.

Dove potrà arrivare questa Argentina? Al netto di tutti problemi extra calcistici, i nipotini di Maradona possono puntare al bersaglio grosso.
Attenzione alla voglia di Leo Messi, questa è l’occasione (forse l’ultima?) per scrivere il proprio nome nella storia del calcio.
Stessa cosa dicasi per Higuain e Aguero. Insomma, il treno della vita, passa una volta sola.
Ora o mai più.

I protagonisti

Messi, Messi, fortissimamente Messi.
Lionel, Leo per tutti, Messi è, senza ombra di dubbio, il condottiero della squadra argentina.

Uno dei calciatori più forti di tutti i tempi, uno dei protagonisti del duello (ora divenuto Triello) della storia recente del pallone: lui e Cristiano prima, lui, Cristiano e Neymar ora.

E questo è il grande vantaggio, e allo stesso tempo il grande limite dell’Argentina. Messi non sarà mai Maradona, che vinse un Mondiale praticamente da solo: Messi è un fuoriclasse assoluto ma non ha quello spirito e quella forza psicologica per trainare un intero paese.
Gli argentini non gliela perdoneranno mai, ma è troppo amore e non certo disillusione.
Leo Messi non sarà mai Maradona solo per un semplice motivo: di Maradona ne nasce uno e stop.

Insieme a Messi, un gruppo di calciatori che fa puntualmente la differenza a livello di club, ma quando indossa la maglia dell’Albiceleste diventa Superman con la kriptonite.
Gonzalo Higuain ha la sindrome da match importanti: non riesce a incidere (vedi finale Mondiale 2014 e Champions a ripetizione) e sembra più un peso che non un vantaggio.
El Kun Aguero invece, 37 reti in 85 presenze con l’Argentina, è l’uomo che non c’era: non c’era quando serviva e quando c’era non incideva.

Caballero contro Insigne

In porta il rebus Caballero, con Armani e Guzman di rincalzo.
La linea difensiva con Tagliafico, Otamendi, Fazio e Mercado appare forse il reparto più debole della squadra.
A centrocampo ecco qualità e quantità con Lo Celso, Biglia e Di Maria, in attacco, il tridente Messi, Dybala e Aguero.

Se così fosse sarebbe 4-3-3 ma non è da escludere un 4-2-3-1 con Higuain che con questo sistema di gioco si trova particolarmente a proprio agio.
Già perso Lanzini (al suo posto Enzo Perez), l’Argentina è la logica favorita del girone e una delle squadre che possono arrivare fino in fondo.

Tra le riserve occhio alle vecchie conoscenze Ansaldi, Mascherano e Banega: esperienza al servizio di una squadra sempre un po’ troppo svagata.
Può essere un vantaggio da non sottovalutare.
Statistica. L’Argentina non vince un trofeo internazionale dalla Coppa America del 1993.

I record dell’Argentina (clicca per vedere l’infografica)


Testa a testa – Il Gruppo D

Senza ombra di dubbio il girone di ferro di questa edizione.
L’incognita islandese, al suo primo mondiale, la temibile Croazia e la sempre coriacea Nigeria non sono certo avversari teneri e probabilmente gli Argentini avrebbero sperato un inizio più soft.
Certo è che l’Argentina è la logica favorita alla prima piazza nel girone D e se non ci sono precedenti con gli islandesi, contro croati e soprattutto nigeriani, non è una prima volta.
Quella contro la Nigeria è diventata oramai una classica della fase finale.
Bellissimo il duello del 2010 tra Messi e il portiere nigeriano Eneyama, un duello destinato a ripetersi quattro anni dopo nel 2014: Leo quando vede verde si esalta, 4 goal tra U20 e nazionale maggiore. La Nigeria tocca ferro.

Argentina v Islanda
nessun precedente

Argentina v Croazia
1 match ai Mondiali. Argentina-Croazia 1-0, Francia 1998

Bilancio totale: 4 matches
Argentina 2 vittorie
Pareggi 1
Croazia 1 vittoria

Argentina v Nigeria
Ultimo incontro amichevole: Argentina-Nigeria 2-4, novembre 2017
4 matches disputati in Coppa del Mondo:
Nigeria-Argentina 1-2, USA94, Gruppo D
Nigeria-Argentina 0-1, Corea/Giappone2002, Gruppo F
Nigeria-Argentina 0-1, Sudafrica2010, Gruppo B
Nigeria-Argentina 2-3, Brasile2014, Gruppo F
Bilancio totale: 8 matches
Argentina 5 vittorie
Pareggi 1
Nigeria 2 vittorie


Storie – Tango

Lo ammetto ho sempre rispettato e ammirato molto gli argentini.
Intendo il popolo.
Sportivamente e calcisticamente parlando, mi hanno inflitto una delle maggiori delusioni mai viste e Maradona ne fu il principale colpevole.
Non ho mai avuto grande simpatia per l’Albiceleste, nonostante mia nonna materna raccontasse storie su lontani, e misteriosi, parenti d’Argentina.

Il mio primo ricordo di un match contro l’Argentina fa parte di quella letteratura infantile che ricordo ancora, ma che temo, tra qualche anno, di perdere tra le pieghe del tempo.
Sono in via Breglio, quartiere Borgo Vittoria e cammino con mia nonna. Torino è deserta.
Manca poco all’inizio della partita Italia-Argentina. E’ un giorno feriale ma i negozi, seppur aperti, hanno tutti un televisore sintonizzato.
Un flash. Il fischio d’inizio visto praticamente per strada nel tv in bianco e nero, del baretto sotto casa.
Sono le cinque del pomeriggio, sembrano le cinque del mattino.

A casa c’è un silenzio irreale. Nonno in poltrona, zio e papà usciti prima dal lavoro per l’occasione.
Vinciamo due a uno. Gentile si incolla a Maradona e inizia a fare le prove per la marcatura di Zico.
Tardelli e Cabrini sigillano una vittoria che ha dell’incredibile. Se nel 1978 li sorprendemmo, nell’82 li scioccammo.

Il Mondiale del 1990

Le notti magiche, il mondiale dell’adolescenza, del primo amore.
Il mondiale della cocente delusione targata Maradona-Caniggia, i rigori sbagliati in una notte sbagliata in quel di Napoli.
Avevo quindici anni. Di quelle notti magiche resta ancora adesso il retrogusto amaro della nazionale più amata, più divertente, più umana dopo quella del 1982.

Una nazionale di campioni che non diventarono Campioni, in un Mondiale cucito addosso su misura: peccato che il vestito della festa lo abbiamo dovuto riporre ad un passo dall’altare.
Zenga esce a vuoto, Caniggia ci castiga. Quello che brucia è che quella nazionale argentina era veramente una squadraccia di 10 mezze calzette e un fenomeno.
Ci facemmo ipnotizzare dal fenomeno e uscimmo mestamente.

Gigi

Io non c’ero, per ovvi motivi anagrafici, ma papà e, udite udite, mamma, c’erano. Era una amichevole allo stadio Comunale e il pubblico di Torino potè ammirare le gesta, e il gol, del ragazzo che giocava ad un altro gioco: al secolo, Gigi Meroni.
Finì 3-0. Papà se lo ricorda ancora e me lo racconta spesso.
Gigi non c’è più da quel giorno del 1967 ma di quella rete sotto la Maratona, all’incrocio dei pali, papà conosce a menadito ogni movimento, ogni istante, ogni frammento.
“Gliel’ha messa lì. Dove non ci poteva proprio arrivare. Che gol.”

I convocati dell’Argentina a Russia2018

Portieri
Willy Caballero (Chelsea), Franco Armani (River Plate), Nahuel Guzman (Tigres)

Difensori
Gabriel Mercado (Siviglia), Federico Fazio (Roma), Nicolas Otamendi (Manchester City), Marcos Rojo (Manchester United), Nicolas Taglafico (Ajax), Javier Mascherano (Hebei Fortune), Marcos Acuna (Sporting Lisbona), Cristian Ansaldi (Torino).

Centrocampisti
Ever Banega (Siviglia), Lucas Biglia (AC Milan), Angel Di María, Giovani Lo Celso (Paris), Enzo Perez (River Plate), Cristian Pavon (Boca Juniors), Maximiliano Meza (Independiente), Eduardo Salvio (Benfica).

Attaccanti
Lionel Messi (Barcellona), Gonzalo Higuain e Paulo Dybala (Juventus), Sergio Aguero (Manchester City).

Pubblicato da Danilo Baccarani

Di Torino, amante di calcio e sport, laureato in storia del Cinema, innamorato di Caterina e Francesco, sposato con il Toro. Se rinascessi vorrei la voleè di McEnroe e l'impermeabile di Bogart, ché non si sa mai.

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