Le 32 protagoniste – Puntata no.9 – La Germania

La Squadra – Die Mannschaft

La Germania campione in carica, arriva in Russia come una delle logiche favorite alla vittoria finale.
I presupposti ci sono tutti: una rosa di campioni, un mix vincente tra giovani e senatori, un ricambio generazionale già pronto per i palcoscenici importanti e soprattutto la voracità tedesca, tipica della competizioni internazionali dove solitamente i teutonici fanno la voce grossa.

Alla guida della squadra tedesca c’è Joachim Löw, già in sella nel trionfo del 2014, fresco vincitore della Confederations Cup 2017, allenatore amato e vincente: 160 presenze da ct, 106 vittorie, 23 sconfitte e un gioco sempre votato all’attacco.

Joachim Löw

Qualificati in pompa magna con un percorso netto fatto di 10 vittorie nelle 10 partite disputate, 43 goal all’attivo e appena 4 al passivo, i campioni del mondo hanno messo in chiaro sin dall’inizio che la qualificazione a Russia 2018 altro non era che una formalità.

L’ampia rosa e la grande qualità dei tedeschi non hanno eguali tra le altre pretendenti al ristretto lotto delle pretendenti al titolo, la prova è stata la Confederations Cup vinta con una sorta di squadra-tre, con diversi giovani che si sono messi in luce e che, potenzialmente potrebbero far parte della spedizione russa.

Ovviamente l’obiettivo di questa Germania è quello di arrivare fino in fondo: non essere tra le prime quattro equivarrebbe ad un fallimento.
Basta guardare il prospetto per capire cosa significa essere la Germania nella storia di questa competizione.

I protagonisti

Toni Kroos

Completi tecnicamente, esperti, fantasiosi e terribilmente concreti. La Germania versione 2018 è lo specchio di una nazione che ha saputo programmare al meglio, imparando dagli errori del passato (vedi le precoci eliminazioni di USA94 e Francia98, dove caddero per due volte nei quarti) costruendosi un futuro solido anche grazie alla multietnicità della società tedesca.
Ne è venuto fuori un mix esplosivo.

Partiamo dal ruolo del no.1: quante nazionali possono vantare quattro potenziali titolari e saranno costrette a lasciarne uno a casa?
Il titolare sarebbe Neuer, usiamo il condizionale perché la terza operazione al metatarso del piede sinistro ne mette in serio dubbio la partecipazione.
Capitano e icona della figura del moderno estremo difensore, Manuel Neuer ha disputato appena 4 delle oltre 50 partite stagionali del suo Bayern Monaco.

Lotta contro il tempo per il portierone tedesco che in caso di forfait lascerebbe la porta della nazionale in mani comunque ottime: Ter Stegen parte in pole, con Trapp e Leno un gradino sotto.

In difesa chiusa l’era Lahm, ecco il nuovo enfant prodige, Joshua Kimmich, all’uopo anche difensore centrale, centrocampista ma soprattutto terzino destro che ricalca la grande tradizione tedesca nel ruolo. 
Al centro della difesa Rudiger, Hummels e Boateng (a rischio dopo l’infortunio occorsogli nella semifinale di andata di Champions League tra Bayern e Real) si giocano due posti mentre Ginter e Sule, partono indietro nelle gerarchie di Low.
A sinistra Hector e Plattenhardt, con il primo super titolare.

Sanè

A centrocampo Low cala gli assi. I 5 che sostengono l’unica punta sono Kroos e Khedira davanti alla difesa, Muller a destra, Ozil o Goretzka al centro con Sanè o Draxler a sinistra: un reparto straordinario per qualità e quantità e soprattutto per le capacità realizzative.
Completano il reparto, Gundogan e Brandt, seguito a lungo dal Napoli.

Ecco (forse) il punto debole della nazionale tedesca, cioè l’assenza di un vero e proprio bomber.
Miro Klose ha chiuso un’epoca, Mario Gomez è ancora nel giro della Mannschaft ma non ha più il fiuto degli anni migliori.
Timo Werner è l’uomo nuovo del calcio tedesco: 7 reti nelle 12 presenze raccolte fino ad ora, l’attaccante del Lipsia appare in vantaggio su Stindl (da valutare un suo infortunio alla caviglia) e Wagner.
Attenzione però a Thomas Muller, un giocatore universale che potrebbe fungere da falso nueve e puntare al record di Klose: Muller è a 10 reti nelle fasi finali dei Mondiali, lontano 6 reti dal suo connazionale.

Ho giocato in così tante posizioni che non riesco a isolarne una. Sono un laterale, una mezzala, una punta pura? No, sono uno che fa tutto nel settore offensivo.
Thomas Muller

I record della Germania (clicca per vedere l’infografica)


Testa a testa – Il Gruppo F

Nonostante un sorteggio non morbidissimo, la Germania è la favorita del gruppo F.
Gli avversari, tutto sommato di discreto livello, non sembrano poter scombinare più di tanto i piani della compagine tedesca.
Inedita la sfida alla Corea del Sud, un classico quelle con Messico e Svezia.
Non è in discussione il passaggio del turno e l’obiettivo appare chiaro: difendere il titolo e provare a vincere il quinto titolo mondiale.
Qualche tegola importante potrebbe arrivare dai tanti infortuni ma come detto in precedenza, sono tanti i papabili per entrare nella lista dei 23 e la Germania non sarà meno competitiva.

Germania v Messico
3 matches disputati in Coppa del Mondo:
Germania-Messico 6-0, Argentina78, Gruppo 2
Germania-Messico 0-0, 4-1 d.c.r, Messico86, Quarti di finale
Germania-Messico 2-1, Francia98, Ottavi di finale
Bilancio totale: 11 matches
Germania 5 vittorie
Pareggi 5
Messico 1 vittoria

Germania v Svezia
4 matches disputati in Coppa del Mondo:

Germania-Svezia, 2-1, Italia34, Quarti di finale
Germania-Svezia, 1-3, Svezia58, Semifinale
Germania-Svezia, 4-2, Germania74, Gruppo B
Germania-Svezia, 2-0, Germania2006, Ottavi di finale
Bilancio totale: 36 matches
Germania 15 vittorie
Pareggi 9
Svezia 12 vittorie

Germania v Corea del Sud
nessun precedente


Storie – Il Maoista

Sono nato qualche anno dopo la guerra, la seconda guerra mondiale, nel 1951 nel piccolo villaggio di Kolbermoor, in Baviera.
Ho iniziato a giocare a pallone a Freilassing e per tutti i tedeschi, e non solo loro, sono uno dei calciatori più controversi della storia del calcio.

Sarà per via dei capelli, dei baffi e delle basette che incorniciano il mio volto, di questa barba ispida o forse, per via delle mie idee politiche di estrema sinistra: io abbraccio Mao, faccio politica in una nazione divisa che è l’emblema del mondo che c’è lì fuori.
Io sono il Maoista per via del Libretto rosso che mi porto dietro durante gli allenamenti, io sono Paul Breitner, il calciatore di sinistra.

Gli inizi

A 19 anni mi nota il Bayern Monaco a venti esordisco in nazionale. Devo abbandonare gli studi, vero, ma la mia carriera è decollata in maniera talmente rapida da far dimenticare tutto, o quasi.
Il mio primo maestro, Udo Lattek, mi ha plasmato, ha fatto di me un calciatore completo: mi ha fatto diventare un terzino di spinta, abile in difesa, pericoloso in fase offensiva.

Al Bayern le cose andavano bene. Avevamo vinto i campionati ’72, ’73 e ’74 ma al presidente dell’epoca, Wilhelm Neudecker, ultra conservatore, non andarono giù le mie foto in posa davanti all’icona di Mao e nemmeno le mie dichiarazioni di fedeltà a Che Guevara.

Così, nel 1973 lo spogliatoio fece quadrato contro il presidente che voleva cacciarmi per le mie idee politiche. L’anno dopo vincemmo la Coppa Campioni contro l’Atletico Madrid nell’unica finale giocata due volte.
Nel 1974 la Germania vinse il Mondiale, quello di casa, a vent’anni dal trionfo un po’ opaco del 1954.

Il ’74 e il Real

Quando inizi una finale e dopo un minuto subisci un gol senza nemmeno toccare la palla, beh, diciamo che le cose non si mettono proprio per il verso giusto.
Però poi siamo riusciti a pareggiare su rigore e a vincere con goal di Muller.
Il rigore non dovevo tirarlo io ma ero il più vicino al dischetto e così è andata a finire che ci siamo laureati campioni del mondo.

Alla fine del Campionato del Mondo sono andato a giocare al Real Madrid.
Insieme a me, Gunter Netzer.
Ma come? Al Real Madrid? La squadra del Presidente Franco? La squadra di destra per eccellenza? La squadra simbolo del potere costituito? Sì, proprio quella.
Capisco lo smarrimento ma io ero e sono un uomo libero.
Fumo i miei sigari, cubani, e penso tuttora che il Real sia il posto migliore dove un calciatore possa giocare.
Andai al Real perché ero un giocatore di calcio e vi posso garantire che al Real ho capito il significato dei termini comprensione e rispetto.
Ed è per questo che non dimenticherò mai fischi dei tifosi del Bayern durante la semifinale di Coppa Campioni.

Fischi ed eliminazione: senza ombra di dubbio la mia più grande delusione sportiva.

Ho avuto tempo di recitare nel film Potato Fritz, di fare l’editorialista per la Bild, ho prestato il mio volto alla televisione per un documentario di sei puntate sull’Eintracht Braunschweig.
Ho anche scritto un libro, Kopfball, che ha avuto discreto successo.
Tornai in Germania nel 1977, in provincia, ma da protagonista, proprio nell’Eintracht Braunschweig.

Però l’ambiente non era consono ad un tipo come me, così, quando me ne sono andato dalla Sassonia ho fatto un favore a tutti.
L’anno dopo ed ero di nuovo titolare del Bayern. Non era più il Bayern dei primi anni Settanta ma sono diventato capitano e ho fatto da chioccia alle nuove leve.
Con Rummenigge nasce la Breitnigge una sorta di binomio imprescindibile che consegna al Bayern due campionati, due coppe di Germania (e l’Europeo del 1980 alla nazionale).

Il ritorno in nazionale

Mi rivolevano in nazionale ma io in Argentina, nel 1978, nel Mondiale di Videla, della dittatura e dei generali, non ci vado. Una decisione netta, senza ripensamenti.
Nel 1981 mi sono riaffacciato alle porte della Mannschaft e non avrei mai immaginato che un anno dopo avrei disputato la mia seconda finale del campionato del mondo.
In Spagna le cose non andarono bene. La squadra era spaccata e il ct Derwall faceva fatica a gestire un gruppo litigioso.
Arrivammo in finale per forza d’inerzia.

Quando a Madrid si consumò la disfatta riuscii comunque a mettere la mia firma nel tabellino dei marcatori: sono uno dei quattro giocatori ad aver segnato in due diverse finali, gli altri sono Vavà, Pelè e Zidane.
Non male.
Però anche durante il mondiale spagnolo si parlò molto di me perché accettai di radermi la barba e contenere un po’ i miei capelli afro per la pubblicità di un famoso dopobarba.

Mi sono ritirato e mi sono tolto qualche sassolino dalle scarpe nei confronti di quel conformista di Beckenbauer, a cui dissi che sarebbe stato il becchino del calcio tedesco, nonostante il trionfo a Italia90.

Per molti sono stato una versione pop di un terrorista della Banda Baader-Meinhof, senza rapimenti armati e senza destabilizzare l’ordine costituito.

Sono stato difensore, terzino, centrocampista metodista, regista, esterno e ala, sono stato tutto e il contrario, sono stato comunista, Maoista, seguace di Che Guevara, ma soprattutto sono stato un calciatore straordinario.
Sono Paul Breitner.

I convocati della Germania a Russia2018

Portieri: Marc-Andre ter Stegen (Barcelona), Kevin Trapp (Paris Saint-Germain), Manuel Neuer (Bayern Monaco)

Difensori: Mats Hummels (BayernMonaco), Joshua Kimmich (Bayern Monaco), Antonio Rudiger (Chelsea), Niklas Sule (Bayern Monaco), Matthias Ginter (Borussia Monchengladbach), Jerome Boateng (Bayern Monaco), Marvin Plattenhardt (Hertha Berlino), Jonas Hector (Colonia)

Centrocampisti: Julian Brandt (Bayer Leverkusen), Sami Khedira (Juventus), Toni Kroos (Real Madrid), Sebastian Rudy (Bayern Monaco), Ilkay Gundogan (Manchester City), Leon Goretzka (Schalke), Mesut Ozil (Arsenal)

Attaccanti: Julian Draxler (Paris Saint-Germain), Timo Werner (Red Bull Lipsia), Mario Gomez (Stoccarda), Thomas Muller (Bayern Monaco), Marco Reus (Borussia Dortmund)

Pubblicato da Danilo Baccarani

Di Torino, amante di calcio e sport, laureato in storia del Cinema, innamorato di Caterina e Francesco, sposato con il Toro. Se rinascessi vorrei la voleè di McEnroe e l'impermeabile di Bogart, ché non si sa mai.

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