L’incertezza dei sogni

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Sta per volgere al termine la Champions League. L’atto conclusivo a Berlino, incoronerà la squadra regina d’Europa. Saranno, come tutti voi ben saprete, Barcellona e Juventus a contendersi la Coppa dalle grandi orecchie. Chi vincerà realizzerà il triplete e se da un lato il Barcellona è già stato capace di raggiungere un così ambizioso traguardo nel 2009 (Messi, Piqué, Xavi, Iniesta, Dani Alves, Pedro, Busquets e Caceres, ora in forza alla Juventus, facevano parte di quella rosa), la Juventus vorrebbe entrare nel ristretto lotto delle squadre che hanno compiuto l’impresa. Non sarà facile e in 90 (barra 120) minuti ed eventuali calci di rigore si andrà a scrivere, anche questa volta, una grande pagina di calcio. Non è un sogno ma una solida realtà. Ed è nell’incertezza di una finale tanto breve quanto crudele, che verrà deciso chi sarà il vincitore. Non ci sbilanceremo alla ricerca del pronostico. Troppo difficile, troppi se e troppi ma. Siamo anche noi in quella fase di incertezza che il nostro titolo porta con sé. E con i nostri dubbi, entriamo in clima partita. Buona finale.

«È un piacere vedere giocare il Barcellona. È una squadra di calciatori educati, con grandissime doti tecniche. E poi è l’elogio della democrazia del calcio»
Paolo Maldini

Un po’ di storia

finaleQuesta sarà la sessantesima finale della Champions League, ex Coppa dei Campioni, la settima sfida tra squadre italiane e spagnole. Nel computo totale, la Spagna conduce per 4 a 2 e l’ultima sfida italo-spagnola è datata 1997-98. Andò al Real, proprio contro la Juventus. Le due vittorie italiane sono datate 1964, grazie alla vittoria dell’Inter di Helenio Herrera (Inter-Real 3-1), e, trent’anni dopo (1994), quando nella magica notte di Atene i rossoneri schiantarono per 4-0 il favoritissimo Barcellona di Cruyff. Nei testa a testa, Juventus e Barcellona si dividono equamente la posta: si sono incontrate 3 volte, per un totale di 6 partite, e il bilancio recita 2 vittorie a testa e 2 pareggi con 6 goal per la Juventus e 7 per il Barcellona. Nei tre doppi incontri, i blaugrana hanno avuto la meglio per due volte, nel 1986 e nel 1991, mentre nel 2003, fu la Juventus ad imporsi e a qualificarsi grazie al goal nei tempi supplementari, del Panteron, al secolo Marcelo Zalayeta.

Per concludere la rivisitazione storica, i bianconeri hanno incontrato 46 volte squadre spagnole e hanno un bilancio di 16 vittorie, 12 pareggi e 18 sconfitte: nelle tre finali (Coppa UEFA 1976/77, doppia finale e Champions, 1997/98) la Juventus ha raccolto 1 vittoria e due sconfitte. Proprio una sconfitta in terra basca consentì ai bianconeri di alzare il loro primo trofeo europeo, contro l’Athletic Bilbao (1-0, 2-1). I Catalani, contro le squadre italiane, hanno un bilancio di 42 match disputati, 20 vittorie, 13 pareggi e 9 sconfitte: nelle 5 finali (una di Coppa delle Coppe, una di Coppa Campioni, una di Champions e una Supercoppa, andata e ritorno) hanno raccolto 2 vittorie, 1 pareggio e 2 sconfitte, per un totale di due titoli vinti sui quattro a disposizione.

Le due squadre a confronto

Olympiacos vs Juventus - Uefa Champions League 2014/2015

Il cammino delle due contendenti è stato antitetico. Mentre il Barcellona ha dominato, gestendo sostanzialmente le due sconfitte accumulate fino ad ora, la Juventus ha dovuto affrontare più di un momento di difficoltà, soprattutto nella fase a gironi, superando la stessa con qualche affanno di troppo vista la forza dei competitors (Olympiacos e Malmö). Così, dopo una fase a gironi vissuta pericolosamente, la Juve ha trovato le forze (primo punto a favore di Allegri rispetto alla gestione Conte) per rituffarsi nella competizione, con il piglio della grande squadra: il sorteggio di Nyon ha sorriso in due casi su tre ai bianconeri, regalando prima un Dortmund in fase agonizzante e poi il Monaco, squadra coriacea ma non certo irresistibile. Nel doppio confronto con i monegaschi, la banda Allegri ha denotato alcune vecchie paure europee: poca convinzione, poca incisività, qualche rischio di troppo. Nonostante questo, la Juventus ha avuto la forza di affrontare la semifinale con un piglio diverso e ha meritatamente eliminato il Real di Ancelotti.

La Juve europea è una squadra che segna poco e subisce niente: 16 goal all’attivo, 7 al passivo. Concede un po’ troppo (17.7 tiri a partita di cui 3.3 nello specchio) ma sa difendersi e occupa gli spazi in maniera praticamente perfetta. Davanti sfrutta le poche opportunità che riesce a creare e lo fa grazie ad un cinismo figlio del vecchio calcio all’italiana: 12.7 tiri a partita, solo 5 nello specchio della porta e un goal ogni 35 attacchi portati.

Il Barcellona ha vinto 10 delle 12 partite disputate in Europa. Le uniche due sconfitte (indolori) sono maturate, entrambe per 3-2, contro Psg (nel girone) e Bayern (in semifinale, a qualificazione ampiamente acquisita). La squadra di Luis Enrique sembra una lontana parente della creatura Guardioliana: addio al tiki-taka, gioco più pratico e improntato all’accensione del tridente stellare che turba i sogni di tutti gli avversari. Già, perché sui 28 goal segnati dalla compagine blaugrana, 25 sono quelli realizzati da Messi-Neymar e Suarez (10-9-6) e la gran frittura è completata dalla paranzina di Rakitic, Piqué e Sandro Ramirez. Si vedono più lanci lunghi, si vede un possesso palla non fine a sé stesso e di fatto molto meno noioso del recente passato. Il Barcellona di Luis Enrique attacca moltissimo, corre moltissimo e concede qualcosa in termini di goal subiti: 10 in 12 partite, ma se togliamo le due sconfitte per 3-2 nelle restanti otto partite, i catalani hanno subito appena 4 goal. Evidentemente il tecnico asturiano ha imparato la lezione italiana (a Roma non fece benissimo) e la posizione di Busquets davanti alla difesa come schermo di protezione della strana coppia Mascherano-Piqué è più di un indizio.

Messi Suarez Naymar ReutersChe dire, invece, di quei tre mostri sacri là davanti? Nessun punto di riferimento, posizioni intercambiabili, grande disponibilità all’assistenza e tanti goal. A chi non credeva che Messi, Suarez e Neymar potessero coesistere rispondiamo con un numero: 120. Centoventi, sì, avete letto bene. Tra Liga, Champions e Copa Del Rey, l’MSN, come è stato ribattezzato, ha superato e annichilito tutti i record degli attacchi atomici degli ultimi anni. E sì, 120, sono i goal segnati dal magnifico terzetto.

«È pur sempre la Juventus e contro i bianconeri non esistono partite facili»
Alex Ferguson

Perché vincerà la Juve
La Juventus potrebbe vincere perché chi è favorito spesso stecca. A loro è accaduto in passato e puntualmente hanno perso: Belgrado, Atene, Monaco di Baviera, Manchester, solo per citare i casi più eclatanti. Ai bianconeri però servirà la partita perfetta. Contenere le sfuriate e ripartire velocemente proprio lì, nel mezzo della difesa catalana: Morata e Tevez possono mettere in difficoltà Mascherano e Piqué, mentre a centrocampo vedo un sostanziale equilibrio a patto che Vidal non sia l’opaca controfigura vista spesso in questa stagione e che Pogba faccia finalmente la differenza. Se poi Marchisio e Pirlo giocheranno sui loro standard, allora la banda Allegri potrebbe veramente fare sua la tanto agognata coppa, posto che il reparto difensivo sappia annullare le bocche da fuoco avversarie.

Juventus - MalmoeNecessariamente sarà 4-3-1-2, con Evra e Lichtsteiner a contenere le sfuriate di Jordi Alba e Dani Alves: la Juve non può giocare a 3, sarebbe un’ammissione di inferiorità e soprattutto un rischio pazzesco. Allegri non è così matto da sfidare la sorte. Non sarà facile, ma il calcio ci ha abituato alle vittorie di Davide contro Golia e siccome questo Davide non è affatto debole, allora perché non sognare? In fondo impercettibili segnali di successo, inutile negarlo, ci sono: come vogliamo interpretare il salvataggio di Sturaro nel match di andata contro il Real Madrid con la conseguente traversa del colombiano James? Se non è un segno del destino quello…

Perché vincerà il Barcellona
Innanzitutto perché con quel terzetto sembra veramente difficile immaginare che non saranno i blaugrana ad alzare la coppa. Se il Barça, farà il Barça, ci sarà da fare poco o niente. Un po’ perché gli adagi che recitano stancamente “si gioca in 11 contro 11″ o peggio “le partite durano 90 minuti”, sembrano potenzialmente disinnescabili da chi gioca da solo o quasi (Messi vs difesa del Bayern) oppure risolve le questioni in meno di venti minuti, tralasciando che gli altri 70 che divengono puro corollario (entrambe le partite di semifinale sempre contro il Bayern). Del resto Guardiola lo aveva detto, se Messi fa il Messi, c’è poco da fare. Il problema è che la Juve dovrà tenere d’occhio, oltre alla Pulce, anche Neymar (sempre più concreto e centrale nel progetto di Luis Enrique) e il “cannibale” Suarez, stranamente autoinvestitosi del ruolo di assist-man.

A centrocampo Iniesta (dovrebbe essere del match) o Xavi, Busquets davanti alla difesa e Rakitic completano il reparto. Se è vero che le partite si vincono a centrocampo, allora la sfida (almeno dal punto di vista tecnico) si impenna vertiginosamente. Don Andres è imprescindibile, Busquets è l’invisibile portatore d’acqua, Rakitic è il centrocampista moderno per eccellenza: non ci stancheremo mai di esaltare le doti di questo meraviglioso calciatore. Corre, recupera palloni, imposta, si butta negli spazi, ha facilità di calcio e visione di gioco. Non sono tanti nel mondo ad essere come lui che, arrivato in sordina al Barcellona, si è calato nella realtà blaugrana come fosse un veterano. Incuriosisce molto, invece, la scelta di Luis Enrique di puntare sul giovane Ter Stegen. Il portiere tedesco ha disputato tutta la Champions, alternando miracoli a qualche sfarfallio di troppo.

Gli allenatori

Luis enrique reutersSi sono già incontrati due volte, e Allegri è in vantaggio per 2-0. Il livornese allenava il Milan, l’asturiano la Roma. Furono partite pirotecniche, con i rossoneri corsari a Roma per 3-2 e capaci di imporsi a San Siro per 2-1. Certo è che per Allegri, Barcellona vuol dire anche una serie infinite di delusioni. Sconfitte più o meno sonore, pareggi acciuffati per i capelli e un’unica vittoria, quel 2-0 a San Siro nel febbraio 2013 negli ottavi di finale: a Barcellona fu una disfatta, con il rammarico di un palo clamoroso di Niang sullo 1-0 per i catalani. Era un Milan remissivo e votato al primo non prenderle. Le prese più o meno sempre. Ad Allegri va il grande merito di aver raccolto il testimone di Conte e aver fatto tesoro delle annate precedenti: un turnover più ragionato, una preparazione ponderata in maniera simile ma un filo differente, la capacità di rimettere in discussione un modulo vincente e funzionante (il 3-5-2) e superarlo imponendo la difesa a 4.

Luis Enrique dal canto suo ha preso il tiki-taka e lo ha riveduto e corretto, ha blindato la difesa (basti pensare che il primo goal in Liga i catalani lo hanno subito alla nona partita, contro il Real) e ha lasciato libertà assoluta ai tre attaccanti. Ha recuperato Suarez, soprattutto dal punto di vista psicologico dopo la squalifica del Mondiale, ha imposto i nuovi acquisti senza timore di essere smentito: Rakitic, Mathieu e Ter Stegen (mentre in Liga ha giocato Bravo). Insomma, ha fatto tesoro di esperienze poco brillanti (Roma e Celta), ha mantenuto un canovaccio solido e vincente, lo ha ritoccato, senza stravolgerlo. Entrambi hanno vinto due titoli, uno in maniera netta (Allegri), l’altro in maniera più netta di quanto non dicano i numeri (Luis Enrique). Entrambi hanno sbagliato poco o niente. Del resto, la Champions la vince anche, e soprattutto, chi sbaglia di meno. Questione di dettagli.

Le probabili formazioni

Barcellona 4-3-3:
Ter Stegen, Jordi Alba, Mascherano, Piqué, Dani Alves; Busquets, Iniesta (o Xavi), Rakitic; Messi, Neymar, Suarez.

Juventus 4-3-1-2:
Buffon, Evra, Barzagli, Bonucci, Lichtsteiner; Pirlo, Marchisio, Pogba, Vidal; Tevez, Morata.

Questo articolo è stato pubblicato da Contropiede.net 

Pubblicato da Danilo Baccarani

Di Torino, amante di calcio e sport, laureato in storia del Cinema, innamorato di Caterina e Francesco, sposato con il Toro. Se rinascessi vorrei la voleè di McEnroe e l'impermeabile di Bogart, ché non si sa mai.

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