Ombre e nebbia – Il Torino FC 2015/16 – Seconda parte

(segue dalla prima parte)

Si ritorna a casa il 10 gennaio. All’Olimpico arriva l’Empoli.
La giornata si apre con uno striscione eloquente: “Delle tue scuse ce ne freghiamo, adesso è ora che ci salutiamo” – seguito da un pesante “Non esulti dal 2001, per noi sei solo un 71”.
Nella smorfia napoletana, il 71 ha un significato ben preciso: Quagliarella è ai margini della squadra e si inizia, complice la sessione di mercato, a parlare di cessione del centravanti campano.

Questa partita la vedo dalla tribuna e non dalla Maratona.
Rientra Maksimovic dopo 4 mesi di calvario, Martinez e Belotti creano facili occasioni ma peccano nella mira.
Si va al riposo sullo 0-0 ma anche l’Empoli si rende pericoloso in più di una occasione.
I toscani giocano in maniera ordinata e crescono nella ripresa. Ci castigano Maccarone e l’ennesimo errore di Padelli.
Intanto in panca, Quagliarella si ripara dal freddo pungente e Maxi Lopez entra al 68′ senza lasciare traccia alcuna.
Si sta per consumare l’ennesimo casus belli della stagione.
Alla fine della partita musi lunghi per tutti: Martinez sfila via senza salutare, la vecchia guardia (Moretti, Vives, Glik, Gazzi) abbozza qualche sorriso di circostanza, Belotti è deluso.
Serve una scossa. E la scossa ha il nome di Ciro Immobile.

Porte girevoli: il ritorno di Ciro, l’addio di Fabio e la pancia di Maxi
Subito dopo la partita contro l’Empoli scambio due parole con il Ds Petrachi. “Ma davvero ritorna Ciro?”

Risposta:”Stiamo lavorando.” E via con un sorriso che vale più di mille parole.
Nemmeno il tempo di metabolizzare la sconfitta, che i tifosi del Toro danno, ancora una volta un esempio di amore incondizionato. È notte fonda a Caselle e ad attendere il ritorno di Immobile ci sono più di millecinquecento persone.

Quagliarella è ai saluti. Maxi Lopez non viene nemmeno convocato per 4 partite di fila per via delle sue misure extralarge.
Contro il Frosinone ci sono due novità di spicco: subito Immobile in campo e, a sorpresa, fuori Padelli per l’uruguagio Ichazo, impallinato, senza troppe colpe, nel derby di coppa Italia.
Prima della partita Quagliarella viene sotto la Maratona a chiedere scusa in un ambiente surreale: si capisce benissimo che il gesto, seppur meritevole, non servirà a cambiare le carte in tavola.
Vinciamo 4-2 ma con tanta sofferenza. Segna subito Immobile su rigore (ripetuto due volte), poi Belotti per il 2-1 e per il 3-1: si parla di nuovi gemelli del goal.
Notizia: è finalmente cominciato il campionato di Belotti.
Nelle note positive di giornata, il ritorno di Avelar per uno spezzone di match.
Ma anche da una nota positiva si capisce che non è annata visto che il brasiliano si renderà protagonista di uno sfortunato autogoal.

Sono tre punti d’oro. Si intravede, fioca fioca, la luce in fondo al tunnel.
Il ritorno di Immobile porta tanto entusiasmo aumenta il tasso tecnico, consegna a Ventura una alternativa in più e soprattutto aiuta Belotti consentendogli di giocare più vicino alla porta.
Ero curioso di vedere come avrebbero potuto coesistere, a dire la verità ero molto scettico e mi sbagliavo perché i due si trovano a meraviglia.

A Reggio Emilia contro il Sassuolo questa volta si gioca. Belotti segna ancora (azione bellissima di contropiede) e solo una mischia (ancora su calcio d’angolo) regala il pareggio al Sassuolo. Giochiamo bene come spesso capita quando davanti a noi abbiamo squadre che ci permettono di giocare. Ci sono spazi? Ne approfittiamo.
Ma il campionato del Toro sembra un pessimo gioco dell’oca: facciamo un passo avanti e la partita dopo ne facciamo due indietro, così, a Firenze falliamo l’ennesimo esame di maturità.
La partita è scialba, decisa più dagli episodi che dalla reale forza dei viola.
Ichazo rimpiazza ancora Padelli e sui goal poteva forse fare qualcosa in più.
Ilicic e Rodriguez confezionano il 2-0 finale. Forse solo con Lazio e Udinese abbiamo fatto peggio.

Si spegne la luce
L’occasione per rimettere in sesto le cose, ce la fornisce il calendario. All’Olimpico arriva il derelitto Verona di questa stagione.
Ultimissimo, sconclusionato, pessimo in difesa, l’Hellas pensa prima a non prenderle ma quando attacca ci mette i brividi.
Padelli si riprende il suo posto, Quagliarella non vede più il campo e chi certifica il nostro pessimo momento di forma è Josef Martinez che in versione pippero si mangia l’impossibile, compreso un goal a porta sguarnita, al 90′. La palla esce di un centimetro mentre tutto lo stadio si chiede come sia possibile fallire un’opportunità del genere.
A Genova, contro la Samp, la crisi si esplicita in tutta la sua virulenza.
Giochiamo “meglio” (in relazione ad una Samp inguardabile) ma dobbiamo rincorrere due volte. Prima Muriel, poi Belotti, poi Soriano (Padelli ancora una volta incerto) e ancora Belotti sul filo di lana per un 2-2 che scontenta tutti.
Immobile si riscopre assistman e viviamo sedici minuti di terrore quando dalla panchina entra in campo l’ex più avvelenato che si possa immaginare: Fabio Quagliarella, appena trasferitosi ai doriani.
Per come sta andando la stagione è un miracolo non aver preso goal dall’ex di turno.

La faccia di Quagliarella. Per tutto il resto c'è Mastercard.
La faccia di Quagliarella. Per tutto il resto c’è Mastercard.

Il 7 febbraio all’Olimpico arriva il Chievo. Partiamo bene con il goal di Benassi ma prima l’autogol di Peres e poi il rigore di Birsa (fallo assurdo di Avelar su Castro) ci condannano alla sconfitta.
Piove all’Olimpico, piove sul Toro. E, come se non bastasse, Avelar invece di essere pronto, appare il lontano parente del giocatore di inizio stagione: si vocifera di un problema al ginocchio già operato quando il terzino giocava a Cagliari.
Quando a Palermo, al terzo minuto andiamo sotto, goal di Gilardino, penso che sia arrivato il colpo di grazia e immagino scenari funesti.
Invece, complice un Immobile super, un pizzico di fortuna e una prova gagliarda, portiamo via tre punti d’oro ad un Palermo allo sbando, diviso tra mister licenziati, richiamati, allontanati, non abilitati e improvvisati.
Vinciamo 3-1 e rivediamo tre punti dopo 2 sconfitte e 3 pareggi: la vittoria mancava dal 16 gennaio (4-2 in casa al Frosinone), quella esterna risaliva al 22 novembre (a Bergamo, 0-1).

Sindrome da dischetto
Il Carpi che si presenta all’Olimpico è una ghiotta preda per confermare il rilancio delle ambizioni di un gruppo che ha lasciato per strada troppe occasioni.

La società ribassa i prezzi e il pubblico risponde anche se una frangia di tifosi ce la mette tutta per rendere amaro un pomeriggio che diventerà amarissimo.
In curva appare uno striscione quantomeno inopportuno, una coraggiosa signora si avventa sullo stesso e lo straccia:

Non so se fosse il caso di destabilizzare la squadra e l’ambiente e non capisco nemmeno se fosse il modo e il momento e vista la pochezza di questo campionato di serie A in cui basta veramente poco per abbandonare posizioni di rincalzo e approdare verso i piani nobili, mi sarei aspettato più pazienza da una tifoseria che ritenevo più matura.
La classifica è corta, il livello basso e le rose delle squadre che vanno dal 6°-7° al 12°-13° si equivalgono, basterebbe un’infilata di risultati, esattamente come quelli che il Toro ha raccolto nelle prime sei partite di questo campionato, o come i 12 risultati utili consecutivi che fummo capaci di inanellare nella stagione 2014-15, per far girare la ruota e tornare a sorridere.
Questo però è un anno diverso e lo capisci quando Maxi Lopez sbaglia il calcio di rigore che avrebbe potuto sbloccare il match: Belec para tutto e il Toro scompare lasciando l’iniziativa al Carpi.
Tra andata e ritorno lasciamo 4 punti su 6 alla matricola emiliana.
Si ripropone di nuovo la querelle sui rigoristi. Esattamente come nel 2014 e nel 2015 quando ne sbagliammo una serie incredibile: Cerci, Larrondo, El Kaddouri, Sanchez Mino, Immobile ieri, Maxi Lopez oggi.

Si va a San Siro contro il Milan. Ce la giochiamo ma veniamo puniti da un gol casuale, scaturito dagli sviluppi dell’ennesimo calcio d’angolo.
Ne approfitta Antonelli, lesto a scaraventare alle spalle di Padelli il pallone che vale l’1-0.
E questa è un’altra di quelle cose inspiegabili di questa annata.
Siamo la squadra che ha preso più gol sui calci piazzati, corner in primis. Eppure avevamo un’ottima contraerea capace anche di offendere come testimoniano i 7 goal di Glik della stagione scorsa.
Quest’anno no.
La differenza la facciamo al contrario.
Torniamo a casa, ancora una volta, sconfitti.

Inizia il trittico che si chiude con il derby.
All’Olimpico arriva una Lazio tanto brutta che quasi non ci si crede. Il Toro la mette alle corde, passa in vantaggio e poi si guadagna un calcio di rigore.
Dal dischetto va Immobile. Tiro alle stelle e risultato che resta sull’1-0 grazie al goal di Belotti.
Ci pensa Biglia a rimettere le cose a posto siglando il rigore dell’1-1 causato da un ingenuo fallo di Molinaro su Keita.
Ci proviamo ancora ma rischiamo nel finale. Resta l’amaro in bocca per il bell’inizio e per la quantità di palle gol create e non sfruttate.

A Genova sponda rossoblù si vedono tutti i pregi e i difetti di questa squadra.
Partiamo alla grande e andiamo sopra per 2-0. Splendido il primo gol con la triangolazione Belotti-Immobile e altrettanto bello l’assist di Acquah per il goal all’incrocio, sempre di Immobile.
Siamo padroni del campo e quasi non ci si crede.
E siccome non è stagione, ecco che prima Molinaro stende Ansaldi per il rigore dell’1-2 siglato da Cerci, poi è Acquah che abbraccia Izzo in area: Doveri non lesina e assegna un altro rigore che, nuovamente, Cerci insacca.
Senza subire tiri in porta siamo 2-2.
Corto circuito totale. Usciamo dal campo e quando Rigoni mette in rete il gol del 3-2 non ci siamo più con la testa. Il Genoa si rivela ancora la nostra bestia nera. 
Sconfitta incredibile. L’ennesima.

Il derby di Rizzoli e i 9 punti in fila
Si arriva al derby di ritorno.

Sappiamo che sarà praticamente impossibile vincere anche perché i nostri avversari sono lanciati in un inseguimento al primo posto che solo qualche mese addietro appariva impossibile.
Sarà un derby, l’ennesimo della storia recente, deciso anche da alcuni errori arbitrali.
Fino alla punizione di Pogba il derby è una partita piuttosto anonima. Padelli ancora una volta è incerto e si tuffa con ritardo sulla parabola del francese.
Il 2-0 di Khedira è una gentile concessione della nostra difesa che per l’occasione si trasforma nel mar Rosso davanti a Mosé: al tedesco di origini tunisine non sembra vero e nell’uno contro uno con Padelli si dimostra freddo e implacabile come il migliore dei centravanti.
È notte fonda perché si fa male anche Immobile, al suo posto entra Maxi Lopez: piove sul bagnato anche perché resteremo senza Ciro per più di un mese.
Nel secondo tempo, il Toro fa il Toro.
Prima accorcia su rigore grazie a Belotti (fallo di Alex Sandro su Peres): è questo il goal che interrompe il record di imbattibilità di Buffon.

Da qui in avanti Rizzoli e i suoi collaboratori non ne azzeccheranno nemmeno mezza: Alex Sandro, già ammonito, non viene sanzionato per l’intervento da rigore mentre Bonucci protesta in maniera vibrante.
Il centrale bianconero si avvicina pericolosamente a Rizzoli in un testa a testa quantomeno inopportuno: ad altre latitudini avremmo assistito ad un rosso diretto ma Rizzoli grazia il numero 19 bianconero.
Rizzoli e i suoi sbagliano ancora quando viene segnalato un fuorigioco (millimetrico) a Maxi Lopez che, a due passi da Buffon, scaraventa in rete il 2-2.
Sarebbe 2-2 ma di fatto è la fine del derby granata.
Bonucci rischia di essere espulso per due falli vistosi, Morata dilaga e Khedira per un insulto a Rizzoli, al 90′, a risultato acquisito viene espulso.
Ventura è un fiume in piena. Giornali e tv non parlano che dell’affaire Bonucci-Rizzoli.

Non se ne esce, il derby è tabù e lo perdiamo malamente e come se non bastasse ci tocca andare a San Siro senza Glik che prende un giallo sacrosanto e viene squalificato per un turno.

Con l’Inter andiamo sotto per un rigore molto generoso concesso per “fallo di mano di Moretti”.
Non subiamo ma facciamo fatica a costruire gioco.

L’Inter non mata il Toro e la bestia ferita reagisce: quando i varchi si creano, allora sono dolori e sfioriamo a più riprese il pari.
Maxi Lopez gioca la partita dell’anno e si trasforma in assistman: a stimolarlo, ancora una volta, il confronto con Icardi.
Proprio Maxi inventa un assist sponda per Molinaro che pareggia con un destro (!) dal cuore dell’area.
L’Inter resta prima in 10 per il doppio giallo a Miranda e poi in 9 per il fallo da rigore di Nagatomo su Belotti.
Il rigore di Belotti vale l’1-2 finale.
Ci saranno polemiche sulla caduta del 9 granata, giudicata da alcuni passibile di prova tv per simulazione. Non accadrà nulla. Il Gallo canta e il Toro vince.
Nel girone di ritorno è il primo italiano per numero di reti ed è il marcatore più prolifico dietro a quel mostro di Higuain.
Serviva una scossa. È arrivata.

Contro l’Atalanta davanti al pubblico amico, Maxi Lopez sfodera un’altra prestazione convincente e il Toro va.

2-1 e altri tre punti pesanti che vanno a rimpolpare una classifica che stava diventando deficitaria.
In curva serpeggia qualche mugugno e qualche preoccupazione (qualcuno parla addirittura di retrocessione ): i malumori vengono scacciati e lo spettro che aleggia da troppi anni sulle nostre teste è solo un fugace cattivo pensiero.
Andiamo a Bologna dove creiamo pochissimo ma al 90′ Belotti si guadagna un altro rigore che lui stesso trasforma.
Questa volta le polemiche sono sulla rincorsa. Rallentata per alcuni, stoppata per altri.
Conta poco, anzi, niente e ci portiamo via 3 punti insperati e infiliamo un filotto di tre vittorie.
È la prima volta che capita in questo campionato.

——-Fine seconda parte——–

 

Pubblicato da Danilo Baccarani

Di Torino, amante di calcio e sport, laureato in storia del Cinema, innamorato di Caterina e Francesco, sposato con il Toro. Se rinascessi vorrei la voleè di McEnroe e l'impermeabile di Bogart, ché non si sa mai.

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