Ombre e nebbia – Il Torino FC 2015/16 – Prima parte

Si è conclusa con un deludente 12esimo posto la stagione 2015/16 del Torino FC.
Una stagione di transizione che ha visto il Toro occupare anonime posizioni di classifica, nonostante un ottimo avvio.
Una stagione di semina, nell’ottica, di un raccolto, si spera, migliore.
Ecco la mia personalissima analisi attraverso le 38 giornate e i fatti che hanno segnato il cammino del Toro.
Qui la prima delle tre parti.
Buona lettura.

Il mercato estivo e un ottimo inizio
A detta degli esperti di mercato, la sessione estiva gestita da Cairo e Petrachi sotto la supervisione di Giampiero Ventura era stata una delle migliori dell’intera Serie A.

Cairo aveva resistito alle sirene napoletane per Maksimovic, a quelle inglesi per Glik e quelle romane per Bruno Peres: mentre Darmian, ceduto, al Manchester United, aveva consentito al Toro una ambiziosa quanto produttiva sessione di mercato nella quale la dirigenza aveva puntato forte su un gruppo di giovani di sicura prospettiva. Arrivavano così Baselli e Zappacosta dall’Atalanta, Obi e Benassi dall’Inter, Belotti dal Palermo, Avelar dal Cagliari, Acquah dall’Hoffenheim e Prcic in prestito dal Rennes.

Le idee erano più che chiare: allo zoccolo duro formato dai senatori si univa un gruppo di giovani di prospettiva, in un mix interessante che solleticava le fantasie di molti tra tifosi e osservatori. Finalmente, dopo anni di difficili campagne acquisti, all’inseguimento del nome di grido o del giocatore esperto (e spesso bollito) acquisito più per sfizio che non per reale necessità, il progetto prendeva forma. 

L’inizio è stato folgorante.
La vittoria a Frosinone e quella in casa contro la Fiorentina accendevano i riflettori sulla squadra che collezionava 13 punti nelle prime 6 partite di campionato.


L’inciampo di Verona, contro il Chievo tutta corsa di Maran, appariva come un piccolo incidente di percorso e l’umore dell’ambiente era tutto sommato molto alto.

I primi scricchiolii arrivavano con la sconfitta esterna contro la neopromossa Carpi.
Un grave passo indietro in termini di personalità e crescita ma soprattutto una grandissima occasione per riportare i colori granata in testa alla classifica dopo una assenza di 38 anni.

Partita balorda e primi problemi di formazione: all’infortunio di Maksimovic (frattura del metatarso) si sommavano quelli di Avelar (recidiva al ginocchio), Bruno Peres (problemi muscolari), Baselli, Jansson e Obi.
Il campionato positivo del Toro finisce, di fatto, a Modena.
O meglio, da lì, ne inizia uno completamente diverso.

Gli infortuni, la difesa che fa acqua e le occasioni perse
L’infermeria non si svuota. Ventura è in difficoltà soprattutto a centrocampo dove lamenta le assenze forzate di Farnerud e Obi e quelle saltuarie di Gazzi mentre Baselli è costretto a saltare la nazionale perché impegnato a recuperare dal lieve infortunio al ginocchio e ritorna in campo con il Milan: il ragazzo, come spesso capita in questo inizio di stagione, segna e nonostante una partita non brillantissima prendiamo un punto. Baselli pareggia il goal di Bacca e all’Olimpico è 1-1.

Il Toro fatica. A Roma contro la Lazio subisce una pesante sconfitta (3-0) e nella giornata successiva si fa rimontare dal Genoa proprio sul finire del match in un rocambolesco 3-3 casalingo.

La costante di queste prime partite di campionato è l’insolita e incomprensibile vulnerabilità della difesa.
Prendiamo troppi goal: 14 nelle prime 10 di campionato, una enormità considerando che negli anni precedenti il reparto arretrato era stato uno dei migliori della categoria ed era uno dei punti di forza della squadra.
Ancora non lo sappiamo ma questo sarà il problema numero uno della stagione.
Se vogliamo enumerare anche il secondo, possiamo dire che la mancanza di personalità e di uno (o più) leader in mezzo al campo non ha aiutato soprattutto nei momenti più difficili.
In più come se non bastasse la squadra ha patito una clamorosa fragilità psicologica: abbiamo pagato dazio spesso e volentieri, piegandoci di fronte ad un singolo episodio. Peccati di gioventù? Può essere.

Si arriva così al derby di fine ottobre.
Gli avversari sono lontani dal vertice della classifica, in difficoltà nell’esprimere il loro gioco e soprattutto in un pessimo momento di forma.
Il derby è la seconda partita chiave della stagione granata. A differenza di altre volte, giochiamo bene, a viso apertissimo e, nel finale, veniamo puniti da una serie di sfortunati episodi.
Prima Glik di testa (due volte) sfiora il gol del vantaggio (super Buffon) e poi in pieno recupero un cross basso di Alex Sandro trova Padelli impreparato: Cuadrado è al posto giusto nel momento giusto e con un facile tap-in ci beffa nella maniera più atroce.
Il Toro è ferito e la partita successiva ne certifica la crisi: l’Inter passa all’Olimpico con una prova scialba e fortunata. Il Toro ci prova a ripetizione ma niente da fare, Kondogbia ci condanna alla quinta sconfitta (seconda consecutiva) stagionale.

Finalmente il Toro torna alla vittoria.
Accade in trasferta, a Bergamo contro l’Atalanta e a decidere è ancora Bovo, già autore del momentaneo pari contro la Juve, sugli sviluppi di un calcio d’angolo.
Belotti sfiora la rete più di una volta: per il suo primo acuto dovremo pazientare ancora un po’.

Torniamo all’Olimpico e bissiamo la vittoria della settimana prima battendo il redivivo Bologna allenato da Donadoni: 2-0 con gol di Belotti e Vives.
E’ il primo goal in granata del Gallo”Belotti: atteso, coccolato, istruito a dovere da Ventura a forza di panchine e sostituzioni. Abbiamo aspettato quattordici partite ma ne è valsa la pena.
Il ragazzo non lesina impegno e si iniziano a intravedere i colpi che hanno convinto Cairo e Petrachi a investire su di lui ben 8 milioni di euro (acquisto più caro dell’era Cairo).

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Il tunnel e il derby di Coppa Italia
Sembra che le cose vadano nuovamente per il verso giusto. Anche il pareggio in extremis contro la Roma (rigore di Maxi Lopez all’86’) dimostra che il Toro c’è. Gagliardo, in palla, sfiora più volte il vantaggio e viene tradito ancora una volta da Padelli, all’ennesimo pasticcio stagionale: questa volta l’uscita a vuoto su una innocua punizione di Pjanic è veramente da comiche.

Per fortuna ci pensa Maxi Lopez a rimediare. Il tabellone della Coppa Italia ci regala l’attesissimo derby di Coppa Italia: dopo i successi in scioltezza contro Pescara e Cesena, ecco la Juve.
Agli ottavi troviamo una Juve rivitalizzata dagli ultimi risultati. I bianconeri stanno entrando in forma e il match appare anche più duro del solito perché si dovrà disputare in casa loro.

Ci castiga Zaza, il panchinaro che si lamenta perché gioca poco, e ci castiga anche Doveri che prima grazia il pelato ex Sassuolo (almeno in tre occasioni) e poi è (giustamente) inflessibile con Molinaro.
Al 48’esimo del secondo tempo siamo sotto 1-0, 11 contro 10. Finisce male, in goleada, e perdiamo 4-0.
Piovono insulti e proteste. La curva chiede un Toro più combattivo e nei giorni successivi questo sarà uno dei temi più ricorrenti.
Il derby di Coppa è un altro dei punti nodali della nostra stagione: se ci fate caso, queste tappe hanno sempre esito negativo e lasciano strascichi pesanti come macigni.

Accusiamo il colpo e mancano tre partite alla fine del girone d’andata: due sono in casa, contro Udinese e Empoli, mentre a Reggio Emilia non giochiamo per via di una imprevedibile nebbia autun-invernale in piena pianura Padana. Incredibile, eh?
Contro i friulani perdiamo in maniera inopinata. Pessima partita, forse la più brutta dell’anno.
Sconfitti e fischiati, non riusciamo a rimettere in sesto una partita che al 64′ ci vedeva sì sotto nel punteggio ma  11 contro 1o per l’espulsione di Wague.
Arriva una sosta salvifica. Ci rivediamo a Napoli il 6 gennaio.

Che non sia stagione lo intuiamo dall’ennesima tappa negativa di una stagione balorda.
Contro gli azzurri non giochiamo male e se da un lato mettiamo il bavaglio a quel diavolo di Higuain, il risultato non ci sorride e non riusciamo a portare via da Napoli un punto che tutto sommato avremmo anche potuto guadagnare.
Ma ecco che anche questa volta, alla sconfitta, ci aggiungiamo il carico a briscola.
Padelli si fa beffare da un pallonetto di Insigne (ancora una volta il nostro portiere non è irreprensibile) e andiamo sotto. La reazione porta il nome di Fabio Quagliarella che di testa sfiora il pari (Reina miracoloso). Il centravanti granata è l’ombra di sé stesso già da un po’ di partite. Prevedibile, lento e soprattutto a secco da mesi. 
Il Toro comunque c’è. Peres entra in area e Ghoulam lo stende. Calcio di rigore. Batte Quagliarella, che non segna dal 20 settembre 2015, e Reina intuisce soltanto. 1-1.
Esultiamo tutti, tranne uno: l’autore del goal.

Non solo ma Quagliarella oltre a non esultare chiede scusa ai tifosi napoletani.
Non si parlerà di altro per giorni interi, la tifoseria del Toro si divide e passa in secondo piano anche l’ennesima topica di Padelli che ci condanna al 2-1 finale: segna Hamsik, Padelli non chiude le gambe e la frittata è fatta.
Finisce il girone di andata. Abbiamo una partita in meno e una valanga di rimpianti in più.
Non tutto, ancora, sembra perduto.

 

—– Fine prima parte——-

Pubblicato da Danilo Baccarani

Di Torino, amante di calcio e sport, laureato in storia del Cinema, innamorato di Caterina e Francesco, sposato con il Toro. Se rinascessi vorrei la voleè di McEnroe e l'impermeabile di Bogart, ché non si sa mai.

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