Resistere per esistere – La favola del Carpi

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Non sono niente. | Non sarò mai niente. | Non posso volere d’essere niente. | A parte questo, | ho in me tutti i sogni del mondo.
Fernando Pessoa

Siamo in provincia, nella Bassa Modenese. Per la precisione, siamo a Carpi, dove si sta lottando per realizzare un un sogno chiamato Serie A. Nata nel 1909, il Carpi è una squadra di paese come tante altre. Nessun sussulto particolare, un continuo andirivieni tra Interregionale e serie D, serie C2 e serie C, un fallimento nel 2000 che azzera tutto e così il fu AC Carpi diventa l’attuale Carpi Calcio. Ma è nel 2013 che i biancorossi raggiungono il punto più alto della loro storia sportiva, con la promozione in serie B. Si parla già di miracolo.

Carpi, 70mila anime, provincia di Modena. Un fiume, il Secchia, che ne lambisce il territorio, un terremoto disastroso che ha colpito al cuore la città e i suoi simboli principali quali il Duomo e la bellissima piazza dei Martiri. Era il 2012. Sembra ieri. A distanza di tre anni, Carpi finisce di nuovo sulle prime pagine dei giornali. In particolare di quelli sportivi. Eh già, perché i ragazzi allenati dal marchigiano Castori stanno dominando in lungo e in largo il campionato di serie B e a una dozzina di giornate dalla fine il distacco sulle inseguitrici continua ad aumentare, confermando i carpigiani al primo posto in solitaria. Sembrava una favola, sta diventando, lentamente, realtà.

avellino-carpiPartiti a fari spenti, in una serie B che annovera grandi calibri quali Bologna, Catania, Livorno, Bari, Brescia solo per citare le più accreditate, i Falconi hanno iniziato il campionato con il freno a mano tirato e nelle prime 8 giornate di campionato, infatti, hanno raccolto 3 vittorie, 3 pareggi e 2 sconfitte per un totale di 12 punti che valgono agli emiliani il nono posto in classifica. Non male per chi ha come obiettivo la salvezza e, in previsione di tempi grami, deve mettere in cascina un bel po’ di fieno. Dalla sconfitta di Avellino (1-0, 12 ottobre) alla sconfitta successiva passano tre mesi e i carpigiani scalano posizioni in classifica, raggiungendo la vetta alla decima giornata per non mollarla definitivamente dalla tredicesima fino ad oggi.

Il 18 gennaio scorso, il Carpi viene sconfitto a domicilio per 1-2 dal Livorno: è la prima (e finora unica) sconfitta interna del campionato che rallenta momentaneamente la fantastica corsa dei ragazzi di Castori.
Quella sconfitta poteva sembrare l’inizio della fine ma nelle successive partite disputate il Carpi ha stabilito un filotto di risultati utili (4 pareggi, 2 vittorie) senza subire nemmeno una rete. Siamo a febbraio ed emergono, intercettate telefonicamente da un dirigente dell’Ischia Isolaverde, le parole del presidente laziale Lotito:

«Ho detto ad Abodi: se me porti su il Carpi, il Frosinone… se me porti squadre che non valgono un c***o, noi tra due o tre anni non c’abbiamo più una lira e chi li compra i diritti?»

#JeSuisCarpiUn altro terremoto, fortunatamente meno doloroso e disastroso, ma scandalosamente fuori luogo: un vero pugno allo stomaco e alla credibilità del già discusso movimento calcistico italiano. Molti chiedono le dimissioni di Lotito, altri si schierano al fianco di Carpi e Frosinone, i tifosi di tutta Italia reagiscono con striscioni e su twitter parte un hashtag che diventa virale: #JesuisCarpi.

«Le frasi di Lotito possono avere una logica economica, ma non hanno senso per lo sport e non danno una visione edificante di quello italiano. Non voglio entrare nel merito ma se i vertici del calcio italiano credono che le squadre di provincia non possano andare in Serie A, questo non è in linea con lo spirito dello sport. Il Carpi ha una squadra giovane e sta giocando bene: è una favola, e le favole non solo non fanno perdere diritti, ma fanno bene al racconto dello sport. Siamo una città di 70mila abitanti che fa parte di un’area, la bassa modenese, che da sola produce il 2% del Pil italiano, che è un esempio per la qualità della vita, dove ci sono aziende nel settore del tessile che crescono ed innovano. E lo fanno nonostante due anni e mezzo fa siano state colpite da un devastante terremoto, perché questo è il Dna della nostra comunità. Noi siamo qualcosa di più, non possiamo essere giudicati da Lotito sulla base dei diritti televisivi»
Alberto Bellelli, sindaco di Carpi

Non c’è pace per Carpi e per il Carpi. Un’altra batosta aveva già turbato gli animi della capolista nei mesi precedenti. A dicembre, dopo un controllo antidoping al termine del derby Carpi-Modena, Concas era risultato positivo alla cocaina: un’altra notizia da prima pagina per uno degli uomini-simbolo della squadra carpigiana (oltre 100 presenze con la maglia dei Falconi) e nel gennaio scorso il contratto con il centrocampista ligure viene rescisso. La magnifica corsa del Carpi più che una lunga marcia sembra una corsa ad ostacoli verso il sogno serie A. Ma chi sono i protagonisti di questa cavalcata? Innanzitutto il Mister, Fabrizio Castori. Specialista in promozioni (sette in carriera tra B ed Eccellenza), qualche esonero di troppo, un’etichetta di allenatore sanguigno e una macchia che ne ha sporcato la carriera: quella rissa a Lumezzane durante la fine dei playoff 2004 di serie C che gli costò tre anni di squalifica, poi commutati a due.

Castori lapresse

«Ho sbagliato, ho pagato: io quell’esperienza la apro e la chiudo così. Cosa mi ha dato fastidio in quei due anni? Mi ha dato fastidio l’ipocrisia, il falso perbenismo di certa gente»
Fabrizio Castori

Il suo credo calcistico è il 4-3-3, marchio di fabbrica consolidato dell’allenatore operaio (figlio di operai) come ama definirsi Castori stesso, anche se all’occorrenza durante il campionato i biancorossi hanno giocato anche con il 4-1-4-1, il 3-5-2 e in qualche occasione con il 4-4-2. Diciamo, senza timore di smentite, che il calcio di Castori è influenzato sì da Zeman (e Sacchi) ma non così tanto da dimenticare la fase difensiva: il Carpi è una squadra che difende a partire dalle punte, soprattutto da Jerry Mbakogu, nigeriano classe 1992, già 13 goal e un gran lavoro di copertura in fase di non possesso. Non a caso il Carpi è (al momento in cui scriviamo) la miglior difesa del campionato con 21 goal subiti. Difesa a quattro, solida ed efficace, forse un po’ debole sui calci piazzati con Gabriel tra i pali (sì, l’ex Milan), Gagliolo e Romagnoli centrali, Struna terzino destro e Letizia sull’out opposto. Centrocampo a tre dove svolge un ruolo fondamentale Capitan Porcari, ex Novara, anch’egli specialista in promozioni, insieme alla coppia Lollo-Bianco con il primo più mezzala e il secondo più incontrista.

jerry mbakoguIn attacco c’è appunto Mbakogu, imbeccato spesso da lanci lunghi e abile nel tagliare alle spalle dei difensori. Il ragazzo ha grande velocità e diventa devastante negli spazi aperti. Completano il reparto il centravanti Roberto Inglese, l’ala destra Molina (ex Modena) e il palermitano Di Gaudio a sinistra. Nelle ultime giornate si sta ritagliando uno spazio importante, Kevin Lasagna (un cognome che in Emilia è garanzia di successo), nativo di San Benedetto Po (Mantova): per lui un salto dalla serie D ai professionisti e l’emozione del primo goal in serie B (è già a quota due). Squadra molto giovane (età media 24,2, terza in serie B) con appena 4 stranieri in rosa.

Se Lotito è dubbioso sull’appeal della franchigia carpigiana, non gli fate notare che a Sassuolo ci sono solo 40mila abitanti (quasi la metà di Carpi), che il Chievo sta da anni nella massima serie con un bacino d’utenza che fa sorridere e non ditegli che a Carpi si gioca in un impianto da 4200 posti, il Sandro Cabassi, intitolato ad un giovane partigiano modenese. Per questo, se prima delle parole di Lotito il fenomeno Carpi ci incuriosiva, adesso non può lasciare indifferenti e e non ci si può esimere dal tifare per questo Davide della Bassa. Tutti gli sportivi dovrebbero essere vicini alla franchigia carpigiana nella sua lotta di resistenza, l’ennesima, alle angherie dei poteri forti, perché Carpi è l’esempio che non bisogna essere delle corazzate per navigare nei mari accidentati, perché Carpi è l’esempio perfetto di come aguzzando l’ingegno si possano raggiungere risultati importanti. In un calcio sempre più governato dal Dio denaro, con una rosa di 28 elementi dal valore totale di 17 milioni di euro (fonte Transfermarkt) si possono compiere con merito vere e proprie imprese.

Il Chievo, dicevamo in precedenza, è un esempio che dimostra come si possa stare in serie A senza grandi bacini di utenza, senza un merchandising spinto all’ennesima potenza, senza i grandi numeri e i grandi capitali, anche per parecchio tempo; che si può anche accarezzare il sogno europeo (ricordate il playoff di Champions?) senza dimenticare da dove si parte e quali sono le reali possibilità e obiettivi. Umiltà, competenza, passione, programmazione e un pizzico di lucida follia. Lottare per esistere o lottare per sognare: non è molto, ma è dannatamente bello.

«Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni»
Eleanor Roosvelt

 

Questo articolo è stato pubblicato da Contropiede.net e da Ilgiornale.it

Pubblicato da Danilo Baccarani

Di Torino, amante di calcio e sport, laureato in storia del Cinema, innamorato di Caterina e Francesco, sposato con il Toro. Se rinascessi vorrei la voleè di McEnroe e l'impermeabile di Bogart, ché non si sa mai.

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