Vincere non è l’unica cosa che conta

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E mentre si ripete all’infinito il motto bonipertiano “Vincere è l’unica cosa che conta”, il campionato italiano e le sue uniche due squadre in grado di poter trionfare si prodigano in un duello rusticano tanto stucchevole quanto ridicolo.
Le decisioni dell’arbitro Rocchi hanno esacerbato uno scenario già penosamente compromesso: se questa è l’immagine migliore che possiamo offrire, il grande spettacolo, la fantastica cornice, allora siamo proprio a posto.

Già il fatto che se ne parli ancora, è indice della pochezza anche culturale di questo paese e di questo sport.
Premetto che per il sottoscritto la partita di domenica è terminata 1-1.
Lo dico per fugare ogni dubbio, ma io (non coinvolto da alcun tifo) ho spento la tv dopo il pareggio romanista.
Ho spento la tv per un gesto che ho trovato fuori luogo e che ha visto protagonista Bonucci.
Io non so per quale motivo Bonucci abbia iniziato a protestare mentre i romanisti esultavano con i loro tifosi dopo la trasformazione del momentaneo 1-1.
Dai giornali si legge che Totti avrebbe insultato i tifosi bianconeri (non ne ho la certezza) ma le immagini mostrano il numero 19 oltre modo infervorato.
Troppo per quanto mi riguarda, troppo in generale visto quanto accaduto cinque minuti prima con il rigore (quantomeno dubbio) assegnato alla J.

Io ho chiuso lì, ma ammettendo per un attimo che questo sia il meglio che la serie A possa offrire, mi vengono in mente un po’ di considerazioni.
La prima è che, se un appassionato come me, che paga (anche profumatamente) un abbonamento alla tv satellitare, legge, mangia e vive di calcio, spegne la televisione al 33′ della prima frazione della partita più importante del campionato, qualche cosa che non quadra, c’è. Per forza.
La seconda è che le polemiche fanno audience, fanno scrivere, si autoalimentano, ma non sono propedeutiche alla vendita di un prodotto commerciale come è il calcio di oggi.
La terza è che gli arbitri sbagliano e sbaglieranno sempre, dato che sono umani e non robot. Sbagliano i centravanti sotto porta, sbagliano i portieri, sbagliano gli allenatori: perché non dovrebbe sbagliare un arbitro?
Diciamo che l’errore arbitrale appare sempre come una macchia indelebile. Se per caso l’errore è ai danni di una “grande” si crea uno psicodramma collettivo, mentre se l’errore è ai danni di una piccola la frase (irridente e ben poco consolatoria) che molti usano – Si sa che nell’arco di un campionato favori e torti si bilanciano – ha il sapore nemmeno tanto vago della presa a culo.
Mettiamola così, io non sono favorevole all’introduzione della moviola in campo (in realtà solo in caso di goal/no goal) ma la presenza di cinque persone+ il quarto uomo (totale 6 persone, dotate di auricolare e microfono) mi fa pensare che l’incompetenza, la sudditanza psicologica, la rapidità delle azioni e le difficoltà di uno sport sempre più fisico-atletico che non tecnico, siano gli elementi determinanti da cui nasce un errore arbitrale.

Provo a buttarla lì.
Non sarebbe meglio regolarizzare la posizione degli arbitri? Renderli professionisti e farli andare in tv a spiegare le loro decisioni?
Ma di cosa si ha paura? Non è mica l’Inquisizione. Solo una richiesta di trasparenza e di correttezza verso il pubblico, i telespettatori, i giocatori e i media.

Mercato, prodotto, spettacolo.
L’abbonato a Sky può scegliere tra diversi campionati nazionali e la Champions.
Inevitabilmente le differenze saltano agli occhi.
Stadi vuoti in Italia, stadi pieni ovunque.
Calcio giocato alla velocità della luce in Inghilterra e Germania, molto più tecnico in Spagna.
Per non parlare della Champions dove i ritmi sono spesso elevati e mostrano la differenza in maniera ancora più marcata.
Un po’ come giocare alla playstation in modalità principiante e in modalità campione.

Ci sarà un motivo se le principali tv satellitari estere non acquistano i diritti del campionato di Serie A?
Polemiche, incidenti tra tifosi, scarso spettacolo e soprattutto poca trasparenza.
Intendiamoci, non è che in Spagna Barcellona o Real non vengano omaggiati di favori arbitrali e le polemiche infuriano anche a quelle latitudini.
Qui però si oltrepassa il segno, come se fosse lesa maestà parlare di errori arbitrali a favore (in questo caso della J.).
Ma perché Buffon e compagni non fanno un passo avanti e ammettono: “Stasera Rocchi ha sbagliato a nostro favore, è stato sfortunato.” ?
Perché Totti è un “rosicone” e Bonucci passa per essere il furbo di turno?
Tutte anomalie italiane, nelle quali cadono vittime gli appassionati meno attenti.

A tutto questo stanco trascinarsi, si accompagnano i tweet più o meno acidi e seccati, violenti e irridenti di questo o quell’altro protagonista.
Prima erano passati la moglie di AA (Spero che Totti giochi in un altro campionato, intervento utile come una forchetta per il brodo), Garcia (A mente fredda..questa partita fa veramente del male al calcio Italiano!) e una serie di dichiarazioni che a rileggerle dopo si percepisce l’ennesima occasione perduta per tacere e mostrare un minimo di maturità e di cultura della vittoria e della sconfitta.
Ancora Bonucci si è distinto per un tweet al veleno caricando a briscola “Sciacquatevi la bocca!!! #finoallafineforzajuventus #vincereèlunicacosacheconta #3punti #godoancora” – salvo poi ritrattare con un tweet in retromarcia che ha il sapore amaro dell’ignoranza.

In soldoni l’ennesima occasione sprecata per il nostro calcio.
Non c’entra niente lo sfottò classico, quello che anima le discussioni da bar e che tanto fa sorridere (e anche arrabbiare) il tifoso davanti al caffè del lunedì mattina.
Qui siamo all’esercizio di (poco o nessuno) stile, al paradosso che l’unica cosa che conta è vincere (che, se interpretato male assomiglia tanto da vicino a Il fine giustifica i mezzi) quando invece non può essere così se fin dalle giovanili non si insegnano il rispetto per l’avversario, la cultura della sconfitta e l’addio definitivo al complottismo e ai sospetti che accompagnano campionati e partite.
Bonucci è figlio di questa cultura e non gliene faccio una colpa, né mi importa sapere se gli errori hanno aiutato una squadra piuttosto che un’altra.
Noto con amarezza che si poteva parlare di goal, gesti tecnici, numeri statistici, al limite anche di tattica…e invece no.
Si continua a parlare del nulla e soprattutto si continua a non pensare ad una soluzione intelligente per mettere fine a questo “spettacolo” indecoroso.
E la crisi culturale e sportiva, continua inesorabile.

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Alla fine è un francese a spiegarci in meno di 160 caratteri che quella partita invece di elevarci, ci affonda sempre di più.
Violini a parte è sua la disamina migliore e come al solito ci voleva uno che arriva dall’estero ad aprirci gli occhi.
Non è mai troppo tardi. O forse sì.

Pubblicato da Danilo Baccarani

Di Torino, amante di calcio e sport, laureato in storia del Cinema, innamorato di Caterina e Francesco, sposato con il Toro. Se rinascessi vorrei la voleè di McEnroe e l'impermeabile di Bogart, ché non si sa mai.

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