La partita #9 – Svizzera v Ecuador 2-1
Sarà ricordata come: Il rugbista Caterpillar, all’anagrafe Valon Behrami
Non si è visto gran calcio a Brasilia. Le colpe maggiori sono della Svizzera, sulla carta più tecnica, talentuosa, con una serie di giocatori abituati a giocare ad alto livello.
E invece l’Ecuador di Rueda disposto scolasticamente con un 4-4-2 molto ordinato, sorprende i rossocrociati e va in vantaggio con un colpo di testa sottomisura di Enner Valencia, attaccante del Pachuca, che ha approfittato di una dormita dei centrali difensivi elvetici. Bello il cross di Walter Ayovì, ma imperdonabile il comportamento della difesa svizzera.
L’Ecuador da qui in avanti giocava solo di rimessa, tenendo larghi l’ottimo Jefferson Montero e Enner Valencia mentre il gigantesco Caicedo giocava alla guerra con Von Bergen e Djorou.
La Svizzera? Non pervenuta. Shaqiri girava a vuoto, Inler e Behrami faticavano molto in mezzo al campo e il povero Drmic non riceveva un pallone giocabile nemmeno per sbaglio.
Al rientro dagli spogliatoi, la Svizzera pareggiava con una fotocopia del goal ecuadoregno. Calcio d’angolo di Rodriguez e Mehmedi, appena entrato, non poteva fallire e di testa batteva il portiere sudamericano.
L’Ecuador accusava il colpo, ma la Svizzera non riusciva a creare particolari problemi alla retroguardia di Rueda, fino al clamoroso errore del guardalinee uzbeko che annullava ingiustamente una rete valida a Drmic.
All’ultimo respiro, succedeva di tutto. Contropiede ecuadoregno di Antonio Valencia, sprecato malamente anche grazie ad un intervento decisivo di Behrami che strappava il pallone dai piedi di Rojas e ribaltava l’azione. Sul capovolgimento di fronte il cross basso di Rodriguez trovava Seferovic pronto per il 2-1 finale.
Immeritato.
I protagonisti del match
In positivo: Jefferson Montero, Enner Valencia e Walter Ayovì per l’Ecuador, Rodriguez per la Svizzera
In negativo: Drmic, Stocker e Lichtsteiner per la Svizzera
La giocata del match
Non aveva giocato una grande partita. Lui del resto non entra nei tabellini per i suoi goal o i suoi assist. Lui è un faticatore, uno dei portatori d’acqua, uno che gioca duro, sempre al limite del regolamento. Lui è Valon Behrami, centrocampista del Napoli ex Lazio, che in Italia conosciamo bene.
Un lottatore, non certo uno che gioca di fioretto.
Quando, al 93esimo, l’Ecuador in contropiede con Antonio Valencia si è reso pericoloso, Valon Behrami ha capito che solo un intervento deciso, uno dei suoi, avrebbe potuto salvare la situazione.
Prima ha sradicato il pallone dai piedi di Rojas con un tackle in piena area, al limite della follia. Poi si è lanciato verso il centrocampo. Sulla trequarti ha subito il fallo di Gruezo: un fallo che avrebbe abbattuto un toro, ma non lui. Più un placcaggio rugbistico che un fallo vero e proprio ma Behrami cade, si rialza e consegna la palla nei piedi più delicati di Seferovic.
Lui ha finito la sua partita. Il suo obiettivo è stato raggiunto.
Come in tutte le storie a lieto fine anche questa si chiude in gloria: Seferovic fa un cambio di campo e apre a sinistra per Rodriguez. Il terzino del Wolfsburg avanza e centra basso dove irrompe proprio Seferovic che di sinistro insacca da due passi, nell’angolo alto.
Behrami ha vinto la sua battaglia. La Svizzera ha vinto la sua guerra.
La statistica del match
74 come i palloni persi dalla Svizzera
La partita #10 – Francia v Honduras
Sarà ricordata come: La partita del goal tecnologico, che forse non era goal. O forse sì.
Velluto honduregno per la Francia di Deschamps. Niente di che stropicciarsi gli occhi, vista la pochezza della squadra centroamericana che non è mai riuscita a mettere in difficoltà i galletti.
Partiti alla chetichella, i francesi hanno carburato come un vecchio diesel d’annata: niente baionetta, niente assalto all’arma bianca. Atteggiamento molto paziente per avere ragione dell’Honduras, guidato dal colombiano Suarez e schierato prudentemente con un 4-5-1 davanti al portiere 37enne, Noel Valladares.
Ritmo piuttosto basso che è aumentato in corrispondenza dei legni colpiti dai francesi: Griezmann, Matuidi con deviazione di Valladares e Benzema. La Francia cresceva e l’Honduras di riflesso, usciva dal match. Si era al 43esimo. Spinta di Wilson Palacios su Pogba. Siamo in area e per l’arbitro è rigore e cartellino giallo per l’honduregno che era già ammonito. Goal di Benzema, Honduras in dieci e partita in salita per i centroamericani che capitolano ancora nel secondo tempo con un autorete di Valladares su gran voleè di Benzema (dubbi sul fatto che la palla fosse entrata interamente, che non vengono fugati nemmeno con la tecnologia del goal/nogoal).
Il terzo goal sempre di Benzema è il sigillo ad una partita perfetta da parte del centravanti di origine algerina.
Per l’Honduras un brusco risveglio. La prossima partita contro l’Ecuador sarà il vero spareggio per evitare il quarto posto del girone e provare a regalare un sogno ai propri connazionali.
I protagonisti del match
In positivo: Benzema per la Francia
In negativo: Wilson Palacios per l’Honduras
La giocata del match
Karim Benzema è un centravanti che segna con regolarità. Aggredisce lo spazio, è forte nell’uno contro uno, ha un tiro potente, è abile nelle conclusioni di volo. Insomma, meglio averlo in squadra che contro.
Forse Benzema sognava una serata come questa. Forse sognava di segnare una tripletta in una fase finale di un mondiale.
Ecco perchè quando il lancio straordinario di Cabaye ha aggirato tutta la difesa, Benzema ha pensato che quel goal al volo sarebbe stato il suo secondo e che il terzo sarebbe arrivato di conseguenza. Insomma, Benzema sapeva che questa era la sua serata. Per convincere definitivamente Deschamps, per trascinare la Francia fuori dalle secche delle ultime prestazioni internazionali, per essere lui a prendersi in spalle una squadra priva di Ribery.
La palla telecomandata arriva e rimbalza nei pressi del sinistro di Benzema che incrocia sul palo lontano e lo coglie internamente. Valladares, nel tentativo di levare la palla dalla porta, non fa altro che rovinare la festa di Benzema e quella dell’Honduras, smanacciando la sfera oltre la linea.
Quando poi Benzema, al 72′ scaglierà in porta con violenza, la palla del suo terzo goal, penserà a quel palo e a quella mano galeotta che ha cancellato il suo sogno: una tripletta ai mondiali.
La statistica del match
32 i cross della Francia
La partita #11 – Argentina v Bosnia-Erzegovina
Sarà ricordata come: l’esordio di Messi nel tempio del calcio e quello della Bosnia nell’Olimpo
Non erano trascorsi nemmeno 3 minuti e la Bosnia aveva toccato il pallone una volta, con un rinvio sbilenco del suo centrale difensivo Bicakcic. Un solo tocco. Sembrava di essere tornati indietro nel tempo alla finale del 1974 quando l’Olanda non fece toccare palla ai tedeschi per oltre un minuto guadagnando il calcio di rigore del momentaneo 1-0.
L’Argentina grazie ad un cross di Messi su calcio di punizione si era portata in vantaggio: Rojo ha solo deviato il pallone che, ha colpito lo stinco di Kolasinac e si è infilato alle spalle di Begovic. 1-0, due minuti scarsi di gioco.
Le facce dei bosniaci la dicevano lunga: esordio al Maracanà, partita numero uno ai mondiali…pronti, via e sotto uno a zero, per colpa di una autorete. Non proprio un inizio incoraggiante. La partita scivolava via senza particolari sussulti per circa un’ora fino al gol del 2-0 di Messi.
Da qui iniziava una partita più interessante, aperta, in cui la Bosnia che non aveva più nulla da perdere ci provava maggiormente e sfiorava il gol, ma offriva il fianco a rapidi e pericolosi contropiede. A circa cinque minuti dalla fine, Ibisevic segnava il primo, storico, goal della nazionale bosniaca ai Mondiali e l’Albiceleste stremata e impaurita provava a chiudere ancora il match nei larghi spazi che aveva a disposizione. Finiva così, con Messi e l’Argentina che non convincevano fino in fondo e la Bosnia, Cenerentola, troppo emozionata, timorosa e poco reattiva che si giocherà tutto nelle restanti due partite con ottime possibilità di passaggio del turno.
I protagonisti del match
In positivo: Messi per l’Argentina, Ibisevic e Misimovic per la Bosnia
In negativo: Aguero e Di Maria per l’Argentina, Dzeko per la Bosnia
La giocata del match
Non deve essere facile essere Leo Messi e portare il peso di quel numero dieci sulle spalle della nazionale Argentina.
Anche ieri sera, nonostante la grande voglia (traspariva da tutti i pori), la sua partita fino a quel momento, non era stata granchè.
Sì, aveva messo lo zampino nel goal dell’1-0, ma da lui è lecito aspettarsi qualcosa di più che un cross o un assist.
Così, al 65′ Messi prendeva la palla poco dopo la metà campo e decideva che solo lui poteva risolvere l’affaire Bosnia. Palla incollata al piede, velocità che aumentava passo dopo passo, un solo e unico obiettivo: la porta difesa da Begovic.
Messi trovava una sponda straordinaria in Higuain che, di esterno destro gli restituiva il pallone; la Pulce in corsa cambiava direzione e si ritrovava ai venti metri, posizionato perpendicolarmente alla porta bosniaca: la palla inchiodata al piede sinistro.
Così, mentre Bicakcic e Besic si scontravano in maniera goffa, Messi con un tocco beffardo e impercettibile che, di fatto gli apriva lo specchio della porta, si accingeva a calciare un pallone angolato che, leggermente deviato dallo stinco di Mujdza, baciava il palo interno e batteva imparabilmente l’estremo difensore bosniaco.
Un gol da favola, ma il tocco che costringeva i difensori alla resa (e all’autoscontro) era la vera delizia.
Messi sapeva che sarebbe stato necessario un piccolo colpo di cesello per confezionare un capolavoro. Lo ha confezionato nella sua prima apparizione al Maracanà.
La statistica del match
82 palle perse dall’Argentina