La magnifica ossessione – La finale di Champions 2017

Va in archivio la Champions 2017, vince il Real Madrid, vince Zidane e sul podio più alto troviamo ancora una volta Cristiano Ronaldo e la sua immensa classe.
La finale con la Juve è stata combattuta per 50 minuti poi il Real è salito di tono e ha costretto la Juve nella sua trequarti campo: il gol di Casemiro ha spento la luce e per i bianconeri è andata in scena l’ennesima sconfitta europea della loro storia.
È la settima sconfitta su nove finali per la Juventus, una maledizione che al confronto fa impallidire Bela Guttman e la sua profezia anti-Benfica.

Molti addetti ai lavori e molti appassionati ritenevano possibile la vittoria finale per la squadra di Allegri.
E il pronostico, che vedeva favorito il Real, non appariva scontato come nella finale di Berlino del 2015 contro il Barcellona: si diceva che il gap era colmato, che c’era la consapevolezza giusta, che gli acquisti estivi erano mirati al conseguimento di questo trofeo, diventato obiettivo primario della società di Corso Galileo Ferraris.
In più, l’ottimismo derivava dal modo in cui la Juve arrivava a questa finale: nessun balbettio, percorso netto o quasi, tre gol subiti nelle 12 partite precedenti e soprattutto il Barcellona lasciato a zero nel doppio confronto erano un biglietto da visita piuttosto confortante.
Tralascio il discorso cabalistico su corsi e ricorsi, numeri e numerologia che trascuro volutamente in quanto non amante delle casualità.

Nel primo tempo la partita è stata equilibrata. Bene, anzi molto bene, la Juve nei primi minuti: incisiva, bella da vedere (anche con qualche giocata spettacolare) e soprattutto pericolosa.
Il Real ha lasciato fare e poi in maniera cinica ha colpito al primo affondo: Cristiano Ronaldo dà l’abbrivio, Carvajal centra basso e il portoghese, di prima, chiude nell’angolino per il momentaneo 1-0.
La banda di Allegri non si scompone e dopo appena sette minuti pareggia con una azione da beach soccer: Bonucci sventaglia per Alex Sandro che al volo serve Higuain. Stop di petto e assist, al volo anch’esso per Mandzukic.
Il croato inventa un eurogoal in acrobazia che beffa Navas, forse un po’ fuori dai pali: 1-1 e palla al centro.

Il primo tempo scivolava via senza particolari sussulti.
Nella ripresa il Real che non t’aspetti ma soprattutto, la Juve che non immagineresti mai.
Zidane alza il baricentro della squadra, la Juve è costretta ad abbassarsi, gli esterni bianconeri soffrono e il francese vince la partita a scacchi con Allegri.
Il gol dalla distanza di Casemiro condanna Buffon, poi Ronaldo chiude i giochi per il 3-1 e la Juve scompare; Allegri sostituisce Dybala con Lemina, mentre Higuain resta in campo senza mai rendersi pericoloso.
Il centrocampo Modric-Kroos-Casemiro addormenta la partita e Cuadrado viene espulso per una sceneggiata (lieve calcetto) di Sergio Ramos.
Quando Asensio pianta la banderilla del 4-1, la partita è finita da un pezzo.
Troppo Real, troppo Ronaldo, poca, pochissima Juve e addio al sogno del Triplete.

Col senno di poi verrebbe da chiedersi perché non utilizzare un centrocampista in più e una punta in meno vista anche la partita abulica di Dybala.
Allegri ha impostato la Champions della Juve in questo modo. Modulo a trazione anteriore e big tutti in campo ed è difficile dire se un Marchisio in più avrebbe portato qualche miglioramento.
Allegri, comunque, ha perso il confronto con Zidane su tutta la linea.
A questo punto, bisognerebbe ammettere che il francese è uno che sa il fatto suo: due Champions vinte, la Liga riportata a casa dopo anni di magre casalinghe, bel gioco (che non fa mai male) e uno spogliatoio unito e coeso (mica facile).
Tatticamente l’ha vinta grazie a Marcelo e Carvajal, che hanno messo in difficoltà gli esterni bianconeri mentre Kroos e sopratutto Modric hanno dettato legge a centrocampo.
Isco (preferito a Bale, alla faccia di Perez) è stato una spina nel fianco e Ronaldo pur limitandosi al minimo sindacale è stato l’ago della bilancia.
Ovviamente stiamo parlando del minimo sindacale di un calciatore che è solito fare caterve di gol, soprattutto quando conta: 10 gol dei 12 con cui si laurea capocannoniere di Champions, sono stati segnati dai Quarti di finale in avanti.


Allegri ha lamentato scarsità di cambi, Buffon si è aggrappato al caso e agli eventi sfortunati (“che non girano mai dalla parte giusta”) mentre Agnelli ha parlato di un futuro su cui ripartire e sul quale costruire una squadra vincente.
Ingiusta l’analisi, a mio avviso, in tutti e tre i casi. Allegri è arrivato a questa partita potendo gestire una intera stagione: parliamoci chiaro, in Italia, nessuno può mettere in discussione lo strapotere dei bianconeri.
Se il problema è stato di origine fisica, poteva gestire meglio i cambi, a fronte di impegni di campionato, sinceramente alla portata dei bianconeri, con uno scudetto mai in discussione sin dalle prime battute.
Buffon ha parlato di episodi sfortunati ma è un alibi inaccettabile e anche fuori luogo.
Agnelli invece dice una inesattezza. La Juve è già una squadra vincente e dovrà puntellare una rosa che è già molto forte. Forse in mezzo al campo, forse in difesa. Non so, non sono in grado di prevedere quali innesti siano necessari per migliorare ancora.
Sicuramente il reparto difensivo inizia ad avere un’età anagrafica che impone qualche riflessione: di certo dopo appena tre gol subiti in tutta la Champions, prenderne 4 in una partita sola, significa qualcosa.
Nella finale sono venuti a mancare uomini fondamentali di questa squadra: Buffon (non irreprensibile sul secondo gol), Chiellini e Bonucci, ridicolizzati dagli avanti merengues, Alex Sandro, un terzino che conosce poco o niente la fase difensiva (e Zidane lo ha capito), Dybala (forse ancora acerbo, ma non ha nemmeno 24 anni) e soprattutto Higuain.
L’argentino in particolare non è stato l’arma in più che molti avrebbero immaginato: 12 presenze e 5 gol in Champions, ma soprattutto una finale da desaparecido.
Staremo a vedere cosa accadrà e che effetto avrà questa partita nell’economia della rosa e della società: resto convinto che i bianconeri torneranno ancora più forti, ma qualche sirena potrebbe allontanare pezzi pregiati e, chissà, forse anche Allegri.

Cristiano Ronaldo ormai è entrato nella leggenda: primo calciatore a segnare in 3 finali di Champions, ha vinto 4 delle 5 finali a cui ha partecipato, ha raggiunto e superato quota 100 gol personali in Champions League in questa stagione e in finale ha segnato anche la 600esima rete da professionista e la 500esima del Real Madrid nella competizione.
Champions numero 12 per il Real, prima squadra a vincere per due volte consecutive la competizione (dopo il cambiamento di nome e formato).

Chiosa.
Difficile non parlare di quanto accaduto in piazza a Torino perché quello che è successo è stata una pessima pagina di storia cittadina.
Siamo andati a dormire mentre le sirene delle ambulanze riempivano la notte di Torino e ci siamo svegliati tra notizie interlocutorie, senatori che blateravano idiozie e ritrattavano un attimo dopo mentre l’Amministrazione non dava prova di grande prontezza di riflessi.
Chi più chi meno, si svegliava con un mix di angoscia, impotenza e smarrimento. 

Però ricordiamoci di pretendere delle spiegazioni: chi ha e aveva responsabilità dovrà essere molto convincente.
Ora è il momento del silenzio.
Attendiamo lo sviluppo degli eventi e restiamo vicini a chi ha vissuto in prima persona quel dramma.
 

Pubblicato da Danilo Baccarani

Di Torino, amante di calcio e sport, laureato in storia del Cinema, innamorato di Caterina e Francesco, sposato con il Toro. Se rinascessi vorrei la voleè di McEnroe e l'impermeabile di Bogart, ché non si sa mai.

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