Segnatevi questi numeri buttati lì, in ordine sparso: 1958. 57. 6. 10. 1982. 1986. 7. 8. 2. 1.
Attraverso questi numeri e gli eventi a loro connessi, vi racconterò due storie che partono entrambe dal Regno Unito e si intrecciano anche se, per lungo tempo, hanno viaggiato su due binari paralleli. Le storie partono da Cardiff e Belfast, viaggiano oltre la Manica e raggiungono Parigi.
Sono le storie di Galles e Irlanda del Nord alla conquista della loro prima volta agli Europei di calcio.
1958
I mondiali di Svezia sono in pieno svolgimento. Il Brasile, super favorito, viaggia spedito verso la finale di Solna, località a pochi chilometri dalla capitale Stoccolma.
Sulla strada dell’allenatore brasiliano Vicente Feola e di quei mostri sacri che rispondevano ai nomi di Pelè e Garrincha, nei quarti di finale, alla sua prima apparizione mondiale, c’è il sorprendente Galles di John Charles, spauracchio delle difese di tutta Italia e titolare inamovibile nella Juventus insieme a Sivori e Boniperti.
Purtroppo per il Galles, il Gigante buono quella partita non la giocò a causa di un infortunio. Finì 1-0 per il Brasile, grazie al primo gol in un mondiale di un giovanissimo Pelé. Quella fu l’ultima partita della nazionale gallese in una fase finale di una competizione internazionale. Contemporaneamente, nei quarti di finale approda l’Irlanda del Nord, carnefice della nazionale azzurra durante la fase di qualificazione.
La Green and White Army passa il turno dopo lo spareggio contro la Cecoslovacchia e nei quarti incontra la Francia del capocannoniere Just Fontaine. Finisce 4-0 per i transalpini e per i Nord Irlandesi, finisce il Mondiale.
Il loro primo mondiale.
I primi 30 secondi di questo video cambieranno il vostro concetto di bellezza nel giornalismo sportivo.
57
Sono passati cinquantasette lunghi anni da quella Coppa del Mondo, sono rimaste solo fotografie in bianco e nero di un calcio che non c’è più, ricordi sbiaditi e qualche record che resiste al tempo. Qualcuno ha anche scritto un libro su quella spedizione gallese: When Pelé broke our hearts: Wales and the 1958 World Cup, proprio per rendere l’idea dell’eccezionalità dell’evento.
Troppo tempo è passato da quel lontano 1958, troppe lacrime sono state versate e in tutti i pub del paese non c’è mai sufficiente birra per cancellare vergogna e tristezza per i disastrosi risultati della nazionale. Nemmeno votandosi a San David, patrono del Galles, si riesce a venire a capo di una situazione tanto difficile quanto grottesca. Questa storia parte da lontano, si intreccia con il rugby, sport molto più seguito e amato, praticato in lungo e in largo e soprattutto, vincente, basti pensare ai 37 allori divisi tra Home Championships, Cinque e Sei nazioni.
Se il rugby in Galles è una lingua, il calcio è un dialetto.
Due storie che si intrecciano in maniera indissolubile.
Basti pensare che la sorella della fidanzata del più forte calciatore gallese di tutti i tempi è moglie di uno dei giocatori più rappresentativi della nazionale di rugby: Gareth Bale e Taulupe Faleteu cognati. Già il mondo è piccolo, ma il Galles lo è molto di più. Tre milioni di abitanti, 293 club rugbistici e un serbatoio inesauribile per lo sport con la palla ovale che si attesta tra le migliori squadre del pianeta mentre i fans del pêl-droed (calcio in gallese) sono stati orfani per anni di un campionato nazionale e la federazione ha deciso di inaugurarlo solo nel 1992 mentre il ranking UEFA per club recita 51esimo posto (su 54) solo davanti alle squadre dei campionati di Gibilterra, Andorra e San Marino, con i team migliori (Cardiff, Swansea e Wrexham) che hanno abbandonato la federazione per trasferirsi sotto l’egida della Football Association inglese.
Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.
Samuel Beckett
Il Galles è stato eliminato ad un soffio dalla qualificazione per Euro76 dalla Yugoslavia, eliminato due volte di fila dall’Islanda nella corsa ai Mondiali di Spagna (1982) e poi a quelli di Messico (1986): al tempo gli islandesi erano un comodo materasso sul quale adagiarsi e non una dannata buccia di banana.
Nelle qualificazioni ai mondiali di USA94, i gallesi insistono nel loro masochismo estremo, e perfezionano l’elogio del fallimento perfetto: battere la Romania a Cardiff per superarla in classifica e coronare il sogno Mondiale sembrava troppo facile e quindi Bodin sul risultato di 0-0 sbaglia un rigore, la Romania (quella di Hagi, per intenderci) vince per 2-1 e si qualifica per il mondiale statunitense.
La maledizione continua e, questa volta, sulla strada per Euro2004, non c’è solo una squadra, la Russia, bensì un giallo dalle tinte fosche.
Egor Titov, talentuoso centrocampista offensivo dello Spartak Mosca e della Russia, viene trovato positivo al doping dopo lo 0-0 della gara di andata dello spareggio giocata nello stadio della Lokomotiv. Sembrerebbe tutto facile, con il Galles con un piede in Portogallo. Ma prima la UEFA decide di squalificare il giocatore e non approfondisce un caso che poteva riservare molte sorprese, e sul più bello, i dragoni commettono l’ennesimo autogol della loro storia.
0-1 casalingo e addio ai sogni di gloria. Le delusioni si susseguono, come gli allenatori e i fallimenti.
Nell’agosto del 2011 i Dragoni toccano il punto più basso della loro storia con il raggiungimento del 117esimo posto nel ranking FIFA ma sotto la guida dell’ex giocatore Gary Speed, la nazionale gallese si rivitalizza, infila una serie di vittorie importanti e ad ottobre dello stesso anno viene premiata dalla FIFA come big mover, risalendo sino al 49esimo posto della classifica mondiale. La soddisfazione lascia spazio all’amarezza, perché questa volta il dramma che si consuma un mese dopo, non è un dramma sportivo ma umano: Gary Speed, l’allenatore che sta lentamente riportando a buoni livelli il calcio gallese, viene trovato morto nel suo garage. Suicidio? Omicidio? Tragica fatalità? Non ci sono spiegazioni né motivi plausibili e il caso resta avvolto nel mistero. Il calcio gallese continua nel suo viaggio a fari spenti fino a che la federcalcio non sceglie come allenatore Chris Coleman. Il nuovo tecnico non riesce nel miracolo e il girone di qualificazione a Brasile2014 sarà l’ennesimo fallimento della storia del calcio gallese.
6 (settembre 2015)
Il 6 settembre, cinquantasette anni dopo, in una serata frizzante, l’appuntamento con la storia è lì a soli 3 punti dal diventare una solida realtà: al Cardiff City Stadium va in scena Galles contro Israele, se gli uomini di Coleman vincono, si qualificano per la prima volta ad una fase finale degli Europei. La partita è bloccata sullo 0-0, portieri inoperosi, match senza particolari emozioni, a tratti anche brutto. L’arbitro croato Bebek ha assegnato 4 minuti di recupero. Il Galles spinge alla ricerca disperata del goal qualificazione. La palla è tra i piedi ruvidi del difensore Gunter. Lancio lunghissimo sulla trequarti, Vokes spizza di testa, la palla rimbalza al limite dell’area dove si avventa Gareth Bale che a sua volta colpisce di testa: la sfera viene recapitata sulla testa (ancora!) dell’attaccante Simon Church che colpisce e trafigge l’estremo israeliano.
Goal! 1-0 allo scadere.
E’ fatta. Anzi no, perché l’assistente di Bebek, Tomislav Petrović, alza (giustamente) la bandierina e annulla per un netto fuorigioco.
Grazie a youtube possiamo vivere la delusione come in curva.
Il pareggio rimanda la festa e sarà necessario fare quel punticino nelle ultime due partite del girone con Bosnia e Andorra, con un occhio ai risultati di Israele, costretta a vincere entrambi i match rimanenti per insidiare proprio i gallesi.
10 (ottobre 2015)
Ci sono segni del destino che vanno letti in maniera chiara e semplice, perché questa data i gallesi se la ricorderanno per sempre. Perché si disputano Galles-Australia (Mondiali di rugby) e Bosnia-Galles di calcio. Perché oggi è il super Saturday come lo hanno ribattezzato in Galles giornali e tv.
https://twitter.com/GarethBale11/status/647881038333640704/photo/1?ref_src=twsrc%5Etfw
Perché due mondi completamente agli antipodi si uniscono per spirito di corpo. Perché le due nazionali dei Dragoni stanno per portare il loro paese sotto i riflettori di tutto il mondo. Il rugby lotta per la prima piazza del girone eliminatorio ai Mondiali, dove ha appena fatto fuori, con grande soddisfazione e gaudio, l’Inghilterra padrona di casa. La sfida è importante per evitare nei quarti i tostissimi Sudafricani: la qualificazione fase ad eliminazione diretta è già in tasca ma battere i Wallabies significherebbe avere un cammino sulla carta più agevole.
Così, il calcio tifa per il rugby e i “colleghi” della palla ovale, fanno lo stesso per il calcio, impegnato a Zenica alla ricerca del punto qualificazione. Sarà un caso, ma lo stadio di Zenica, 15mila posti, ospita anche le partite della nazionale bosniaca di rugby.
Tutto torna.
Credo che sia chiaro che ai gallesi le cose semplici non piacciano proprio, anzi. Si direbbe proprio che più una strada è contorta più sia a loro congeniale.
Ma in questa giornata, anche se le cose vanno storte, alla fine, va bene lo stesso. Così, prima il rugby perde il suo incontro per 15-6 e deve accontentarsi della seconda piazza, che significa scontrarsi con i sudafricani; poi tocca al calcio lasciarci le penne nello stadio Bilino Polje, un impianto piccolo e soffocante con il pubblico a ridosso degli spettatori.
Prima Djuric, poi Ibisevic per un 2-0 indolore che si incastra alla perfezione con l’harakiri israeliano: Cipro passa a Gerusalemme e consente ai gallesi di festeggiare la più bella e dolce delle sconfitte tant’è che alla fine del match, Bale e compagni esultano con i loro connazionali stipati sulle tribune del catino bosniaco. Finalmente il tanto sospirato traguardo è stato raggiunto.
1982 e 1986
L’Irlanda del Nord torna finalmente a qualificarsi per una fase finale di un Mondiale.
Sono passati 24 anni e i nordirlandesi ce l’hanno fatta al termine di un percorso che li ha visti arrivare secondi nel proprio girone, dietro la Scozia: 8 partite, 9 punti, 6 goal fatti, 3 subiti.
Anni costellati da cocenti delusioni, anni di difficoltà infinite sullo sfondo inquieto di una tensione politico-sociale e religiosa che lo sport non riesce a scalfire rimanendone prigioniero.
Quella nazionale capitanata da Gerry Armstrong e guidata in panchina da uno dei reduci del 1958, Billy Bingham, approda alla seconda fase del mondiale spagnolo dopo aver battuto per 1-0 i padroni di casa della Spagna, recitando il ruolo di outsider a sorpresa.
Tra i pali c’è una leggenda del calcio anglosassone, ovvero Pat Jennings, capelli neri fluenti e boccoluti, portiere tra i migliori nel mondo.
The Gentle Giant, è stato uno degli eroi del calcio nordirlandese: suo il record di presenze con la maglia della nazionale (119), suo il record di partecipazioni alle Qualificazioni ai Mondiali (6 in fila, dal 1966 al 1986). Quella spedizione verrà ricordata anche e soprattutto per l’esordio di Norman Whiteside, stella del Manchester United, che spezzò il record di Pelé, diventando il giocatore più giovane a disputare una partita in una fase finale del Mondiale a 17 anni e 41 giorni.
L’avventura dei nord irlandesi si fermò al cospetto della Francia di Platini nella seconda fase a gironi.
Quattro anni dopo, nel 1986, Jennings e compagni, Whiteside compreso, parteciparono al Mondiale messicano. Era una nazionale che faceva affidamento su un gruppo storico (quello che prese parte alla competizione precedente), con pochi stimoli e con un Whiteside sempre più acciaccato e fiaccato dai tanti infortuni che minarono la sua carriera. Il 12 giugno 1986, l’Irlanda del Nord perse per 3-0 e quello fu il canto del cigno per un intero movimento, quel match fu l’ultimo in una competizione internazionale anche per Jennings che giocò la sua ultima partita in nazionale proprio nel giorno del suo 41esimo compleanno a 22 anni dal suo esordio, il 15 aprile del 1964: quel match, guarda caso contro il Galles, finì 3-2 e vide l’esordio di un certo George Best.
Ma questa è un’altra storia.
7 (settembre 2015)
A Belfast è tutto pronto e proprio come a Cardiff la sera prima, con una vittoria si può festeggiare una storica qualificazione, spezzando un incantesimo, cancellando con un colpo di spugna amarezze e delusioni. Per questo Irlanda del Nord-Ungheria, a Windsor Park, ci sono spalti pieni e tanta paura di non farcela di nuovo, ancora una volta. Dopo 74 minuti di partita, anche qui come a Cardiff bloccata e bruttina, l’equilibrio si spezza grazie alla rete degli ospiti segnata da Guzmics. Il gigante del Wisla Cracovia approfitta di un’incertezza dell’estremo nordirlandese McGovern e insacca da due passi. 0-1.
A questo punto, la partita si anima. I padroni di casa spinti da un moto d’orgoglio, si gettano in avanti. Gli dei del calcio vogliono mettere alla prova i nordirlandesi e combinano uno scherzo beffardo che assume le duplici sembianze di due dei protagonisti in campo: l’arbitro turco Çakır e il difensore Chris Baird. 81′ minuto di gioco. Parte il contropiede ungherese e Baird sulla trequarti scalcia in maniera indiscriminata Dzsudzsák per poi gettarsi all’inseguimento di Kalmár e atterrarlo con un fallo che più plateale di così, proprio non si può. Il direttore di gara che sulla prima infrazione aveva lasciato continuare per il vantaggio, al secondo fallo, ferma il gioco e ammonisce Baird. Fin qui, tutto normale, senonché richiama a sé il giocatore nordirlandese ed estrae il secondo cartellino giallo che significa espulsione.
Nordirlanda in 10 a meno di dieci minuti dalla fine del match e un intero paese che rivede gli spettri del passato. Un record che arriva nella partita più importante della storia recente del calcio nordirlandese.
Se ve lo siete sempre chiesti: sì, è possibile fare due falli da giallo nella stessa azione.
Il pareggio finale di Lafferty in presunto fuorigioco e allo scadere del match, non fa altro che aumentare la delusione per una vittoria che doveva arrivare a tutti i costi: serviranno due punti nelle ultime due partite, con il vantaggio di giocare di fronte al pubblico amico contro la modestissima Grecia.
8 (ottobre 2015)
Non bisogna far altro che sfruttare il match-point, il secondo. Vincere contro la disastrosa Grecia di queste qualificazioni è obbligatorio e i ragazzi di O’Neill lo fanno: mai in discussione il punteggio, mai in discussione l’andamento del match, mai in discussione la voglia di portare a casa un risultato storico. Trascinati da capitan Davis (doppietta per lui), una specie di Gerrard nordirlandese, i verdi di Belfast non sbagliano e travolgono gli ellenici per 3-1 mandando in visibilio un intero paese.
Davis a fine partita ha dedicato quei due goal a sua madre che non c’è più e ha voluto ricordare che questo è il momento di festeggiare perché troppo tempo è passato da quando l’Irlanda del Nord si è qualificata per un torneo importante. La nazionale di calcio nordirlandese è l’unica nazionale a correre sotto l’insegna del Nord mentre tutti gli altri sport e tutti gli altri atleti fanno parte del Regno Unito. Nel rugby i fratelli irlandesi lottano, sudano e vincono tutti insieme ed è per questo motivo che un successo del calcio è un successo del Nord, non si deve condividere con altri, perché questo è un momento talmente grande, per una nazione così piccola tutto passa in secondo piano.
E di differenze e divisioni, in Irlanda, sia a nord che a sud, se ne intendono.
https://twitter.com/McIlroyRory/status/652220556906000386/photo/1?ref_src=twsrc%5Etfw
2
Tra i protagonisti di questa storia a doppio filo, ci sono loro: i due ct, il gallese Chris Coleman e il nordirlandese, Michael O’Neill. Il primo è stato designato nuovo allenatore dopo il tragico evento relativo alla scomparsa di Gary Speed e il suo percorso è stato quantomeno accidentato: 5 sconfitte nelle prime 6 partite ufficiali, girone eliminatorio per i Mondiali di Brasile 2014, a dir poco disastroso con 10 punti (penultimo posto), 3 vittorie (due volte contro la Scozia e una contro il fanalino di coda Macedonia), 1 pareggio e 6 sconfitte di cui due umilianti contro la Serbia (6-1 e 3-0), peggior difesa del girone con 20 reti subite. La panchina di Coleman scricchiolava ma la federazione gallese ha voluto insistere con il tecnico di Swansea e ha avuto ragione perché il Galles si è trasformato e dal giugno 2013 ha perso una sola partita (una amichevole con l’Olanda) e soprattutto è imbattuto nel girone di qualificazione agli Europei.
La storia di Michael O’Neill è identica. Se il punto più basso del calcio nordirlandese è la sconfitta contro Lussemburgo nel settembre 2013 (3-2, qualificazioni ai mondiali di Brasile2014) e la conseguente caduta libera nel ranking FIFA (129esimo posto), la scelta di puntare ancora sull’allenatore di Portadown fece storcere il naso anche ai più ottimisti. Già, perché Michael O’Neill delle prime 9 partite alla guida della Green and White Army, non ne vince nemmeno una (4 sconfitte, 5 pareggi) e nelle successive 9 ne vince una (1-0 alla Russia, qualificazioni ai Mondiali del 2014) ne perde 6 e ne pareggia 2.
Il girone F, l’Irlanda del Nord lo conclude al penultimo posto, proprio davanti al Lussemburgo.
Un vero e proprio disastro.
Qualcosa cambia perché sono proprio i giocatori (oltre alla federazione) a seguire pedissequamente le direttive dell’allenatore e la campagna per EURO2016 si traduce in una marcia trionfale e la sconfitta contro la Romania è l’unico inciampo di un cammino pressoché perfetto.
What Michael says inspires me and gets me up for the games. I’m buzzing playing for him. He is the best manager I have played under and gets the best from me. He pulls me to oneside before every game. The last campaign I let everyone down, but Michael had a word with me and it really hit home. The trust he has shown in me means a lot.
Kyle Lafferty, parlando di Michael O’Neill
1
Il digiuno è finito dopo anni e questo grazie anche a calciatori in grado di fare la differenza, i cosiddetti numeri 1, i top player, gli uomini che risolvono le partite, i campioni.
George Best è stato uno dei giocatori più talentuosi di tutti i tempi e non ha mai giocato un Mondiale.
Franz Beckenbauer
Eppure entrambe le squadre hanno avuto campioni come Ryan Giggs, uno che non ha mai disputato un Mondiale esattamente come George Best, Gerry Armstrong, Billy Bingham, Jimmy Nichol, i già citati Jennings e Whiteside, John Toshack, Craig Bellamy, Ian Rush, Nevin Southall, Mark Hughes o Dean Sunders: tutta gente che ha scritto pagine importanti per entrambe le nazioni in oggetto, che ha fatto la storia delle competizioni europee, vincendo tanto ovunque, tranne che con la casacca della propria nazionale.
I numeri uno di oggi si chiamano Gareth Bale e Aaron Ramsey per il Galles e Kyle Lafferty per l’Irlanda del Nord.
Per un motivo o per l’altro li conosciamo bene tutti e tre.
Il primo gioca nel Real Madrid insieme a Ronaldo, è costato oltre 100 milioni ed è uno degli atleti più veloci del mondo con un pallone tra i piedi, con una muscolatura che però lo tiene spesso e volentieri ai box.
Il secondo è l’enfant prodige del calcio gallese, la promessa mai esplosa definitivamente anche per via di un bruttissimo infortunio occorsogli nel 2010 nel match contro il Stoke: 9 mesi di stop e un ritorno graduale alla normalità. E’ nella storia del calcio gallese in quanto è diventato capitano a 20 anni e 90 giorni, il più giovane di sempre a ricoprire un ruolo così importante, dopo sole 11 presenze con la maglia rossa dei dragoni.
Il terzo è un classico attaccante di stampo anglosassone, sfortunato a nascere nel 1987: 193 centimetri, 88 kg, con un fisico da corazziere, negli anni Settanta-Ottanta nel Regno Unito sarebbe stato un centravanti da venti goal a stagione.
Ex Rangers, Sion e Palermo, in Italia ha disputato un campionato di serie B nella stagione 2013-14, contribuendo alla promozione dei siciliani con 11 reti.
Nell’estate successiva, il vulcanico presidente Zamparini lo cede agli inglesi del Norwich e la favola del primo giocatore nordirlandese a giocare in Italia dura lo spazio di una stagione.
Lafferty è stato ceduto per una richiesta del mio allenatore Iachini. E’ un giocatore ingestibile, un donnaiolo, un irlandese senza regole, è uno che sparisce una settimana e va a donne a Milano, ha due famiglie e sei figli, non si allena, è scoordinato. Poi sul campo è un grande giocatore perché dà tutto quello che ha e anche di più. Ma dal punto di vista del comportamento è ingestibile. Il mio allenatore mi ha detto che non riesce a sistemarlo questo giocatore. Dunque via.
Maurizio Zamparini, giugno 2014
Conclusioni
Per capire la portata di quanto, basta guardare l’homepage del Walesonline.co.uk. Una meraviglia. La prima notizia non sportiva la si deve cercare con il lanternino. Oppure la prima pagina del Belfast Telegraph.
Nella colonna di destra possiamo intuire la bellezza del copricapo indossato da Lisa Rogers.
Anzi, per comprendere quanto sia estraneo il movimento calcistico da ogni logica, bisogna sapere che se la nazionale Nordirlandese ha giocato giovedì sera 8 ottobre, il campionato nazionale ha disputato il suo turno (11esima giornata) spalmando le partite tra mercoledì e sabato.
Linfield e Crusaders continuano il loro braccio di ferro, Andrew Waterworth è capocannoniere con 12 reti e tutto procede come se niente fosse accaduto: i lealisti della Regina con le loro casacche blu hanno giocato in casa a Windsor Park, proprio nel luogo dove giovedì sera è andata in scena la partita contro la Grecia.
Non che in Galles le cose siano andate diversamente perché in un tranquillo sabato pomeriggio di ottobre, mentre si stava per aprire il cosiddetto super Saturday, negli stadi della Welsh Premier League andava in scena il decimo turno di campionato.
Come accade da parecchio tempo, a comandare sono The New Saints of Oswestry Town & Llansantffraid Football Club, meglio conosciuti come TNS.
Per capire cosa sia successo realmente, bisogna ascoltare Kyle Lafferty che in diretta tv, alla domanda: “Chi vorresti incontrare a Euro2016?” – risponde: “Argentina e Brasile.”
A metà tra realtà e finzione, tra scherzo e follia.
Cosa accadrà per le strade di Cardiff e Belfast o nelle campagne dei rispettivi paesi durante la prossima estate? Impossibile immaginarlo.
Probabilmente questa generazione vivrà il presente, guardando al futuro, cancellando in un colpo solo il ricordo di un passato ingombrante.