Il conto alla rovescia sta lentamente terminando. L’Africa è pronta. O quasi. I tecnici stanno decidendo le loro rose ma il tempo scorre, gli infortuni sono una componente da non sottovalutare. Esattamente come le federazioni, che licenziano allenatori a pochi giorni dal calcio d’inizio, come la Guinea Equatoriale padrona di casa, oppure allenatori che si lamentano della situazione logistica non consona ad un evento di questa portata (vedasi Giresse, Senegal, a proposito della località di Mongomo). C’è chi promette denaro (60mila dollari in caso di trionfo, 5.000 ad ogni vittoria) come la federazione Ghanese e c’è chi promette che i propri tifosi potranno andare in giro a testa alta. Tutto il resto è noia. Questa, invece, è Africa.
Girone B
FIFA Ranking: 46° posto, agg. 18 dic 2014
Partecipazioni alla Coppa d’Africa: 17
Miglior piazzamento: vincitrice 2012
«Quando venni a sapere dell’incidente rimasi di sasso. Non potevo crederci. Ma col tempo abbiamo reagito. Io e gli altri (Johnson Bwalya e Charles Musonda, gli unici sopravvisuti oltre a Kalusha, ndr) ci siamo detti che non potevamo mollare, e non rendere omaggio ai nostri amici. Così ci siamo riorganizzati e abbiamo rifondato la nazionale, mancando il mondiale di poco».
Kwalusha Bwalya, ex calciatore e ora Presidente della federazione zambiana di calcio
Libreville, Gabon, 27 aprile 1993. L’aereo che trasporta la nazionale zambiana, i Chipolopolo (I Proiettili di Rame) si inabissa nell’Oceano a pochi metri dall’arrivo all’aeroporto della capitale gabonese. Muoiono trenta persone tra membri dell’equipaggio, calciatori e staff tecnico: il movimento calcistico zambiano perde la meglio gioventù, quella squadra capace di sconfiggere l’Italia alle Olimpiadi di Seul del 1988, mancando il primo Mondiale della sua storia (USA 1994) per un solo punto. Circa 20 anni dopo il destino restituisce (parzialmente) quanto tolto in passato e così, nel febbraio del 2012, proprio a Libreville, lo Zambia si laurea per la prima volta nella sua storia, campione d’Africa. Spinti da Christopher Katongo e Mayuka e sorretti da una volontà e una forza d’animo eccezionale, i proiettili vanno a segno nella finale contro la Costa d’Avorio al termine di una partita drammatica, infinita, meravigliosa, conclusasi soltanto ai calci di rigore.
Il presente si chiama Honour Janza, mister autoctono che ha raccolto la sfida dopo cinque anni di apprendistato alla corte del francese Hervé Renard (ora tecnico della Costa d’Avorio). Outsider da tenere in considerazione, lo Zambia potrebbe essere la sorpresa di questa coppa d’Africa.
FIFA Ranking: 22° posto, agg. 18 dic 2014
Partecipazioni alla Coppa d’Africa: 17
Miglior piazzamento: vincitrice nel 2004
La grande tradizione del calcio tunisino si affida all’esperienza del tecnico belga George Leekens per rinverdire i fasti di un tempo. Ai nastri di partenza della Coppa 2015 le Aquile di Cartagine si presentano con una rosa talentuosa, considerata, non a torto, tra le pretendenti alla vittoria finale. L’allenatore belga sembra intenzionato a schierare i suoi con un moderno 4-2-3-1, in cui trovano spazio Khazri (Bordeaux) e Chikaoui (Zurigo), veri fuoriclasse in grado di fare la differenza. Si sono perse le tracce, invece, di Youssuf Messi, il Piccolo Mozart, classe 1990, al secolo Youssef Msakni: il fantasista tunisino è uscito dai radar del calcio che conta, complice anche un trasferimento alquanto controverso ai qatarioti del Lekhwiya. La difesa appare blindata grazie alla coppia Aymen Abdennour (As Monaco) – Syam Ben Youssef e i problemi maggiori arrivano dal reparto avanzato, dove manca un bomber vero e proprio. L’esperienza di Hamza, Khalifa (un fugace passato al Marsiglia) e Chermiti non sembra un’arma sufficiente a risolvere il problema del goal. E se le ultime edizioni sono state un fallimento (mai oltre i quarti di finale dal 2006 ad oggi), la Tunisia ha il dovere di provarci nonostante un girone non semplice che nasconde qualche insidia. Una curiosità storica: la Tunisia è stata la prima nazionale africana a vincere un incontro in una fase finale di un Mondiale (Argentina 1978, Tunisia-Messico 3-1).
FIFA Ranking: 40° posto, agg. 18 dic 2014
Partecipazioni alla Coppa d’Africa: 2
Miglior piazzamento: quarti di finale (2013)
L’ex colonia portoghese sparpagliata nell’Oceano e divisa in dieci isolette di origine vulcanica, tra i più piccoli Stati del mondo per superficie, si appresta a disputare la sua seconda coppa d’Africa consecutiva. E se Capo Verde, per alcuni, è la voce di Cesaria Evora e il ritmo suadente della Morna (musica tipica capoverdiana, sta come il tango all’Argentina e il fado al Portogallo), per altri Capo Verde significa Tubarões azuis (Squali Blu). Era il 2013, e alla prima apparizione nella rassegna continentale, agli ordini del ct Lucio Antunes i capoverdiani riuscirono in una vera e propria impresa, centrando il passaggio del turno ai danni del Marocco. La loro favola terminò contro il Ghana, nei quarti di finale. Ma il futuro è adesso e i capoverdiani, con una rosa di buon livello (la maggior parte dei selezionati milita in Europa tra Est Europa, Portogallo, Olanda, Francia e Spagna), sognano il passaggio del turno.
A centrocampo ci sono le individualità più interessanti a partire dal fantasista Heldon, ventisei anni, in forza allo Sporting, in Portogallo. E poi c’è Platini, all’anagrafe Luis Carlos Almada Soares, lo storico marcatore del primo goal capoverdiano nella coppa d’Africa. In avanti l’attaccante Rodrigues dell’Elche e Julio Tavares si giocano una maglia da titolare insieme al gigante Djaniny (già Benfica B, ora in Messico al Santos Laguna): a loro il difficile compito di reggere il peso dell’attacco e giocare di sponda per gli inserimenti dei centrocampisti.
Repubblica Democratica del Congo
FIFA Ranking: 56° posto, agg. 18 dic 2014
Partecipazioni alla Coppa d’Africa: 17
Miglior piazzamento: vincitrice 1968 e 1974 (la prima come Congo DR, la seconda come Zaire)
Un Paese da sempre stritolato da guerre e dittature sanguinose. Un Paese molto povero e una Nazionale vincente solo a cavallo degli anni Settanta: i Leopardi (soprannome cambiato dal Presidente della Repubblica Kabila nel 2006) hanno vinto due coppe d’Africa (’68 e ’74) e si sono qualificati per i Mondiali di Germania del ‘74. La politica giocò un ruolo fondamentale che sta alla base degli scarsi risultati sportivi successivi ai floridi anni Settanta. La spedizione congolese del ‘74 (a quell’epoca Zaire) fu disastrosa e danneggiò il movimento, divenendo un’onta da cancellare. Calciatori e staff tecnico subirono le vessazioni della dittatura di Mobutu e il calcio in generale pagò pegno, reo di aver gettato cattiva luce sul Paese e sul Regime, cadendo nell’oblio. Per risollevare l’immagine del paese africano Mobutu riuscì a portare a Kinshasa nientemeno che “The Rumble in the Jungle”, ovvero l’incontro di pugilato del secolo tra Muhammad Alì e George Foreman, per il Titolo Mondiale dei pesi massimi.
La Repubblica Democratica continua ad essere un Paese in difficoltà e solo recentemente la Nazionale è tornata su livelli accettabili, anche se è dal 1998 che non sale sul podio della Coppa d’Africa (terza piazza) e non è mai andata nemmeno lontanamente vicina a qualificarsi per i Mondiali. Allenati dal congolese Florent Ibengé, i Leopardi hanno raggiunto la qualificazione come miglior terza dei sette gironi: non un grande viatico ma comunque un inizio su cui poggiare solide basi. Le dichiarazioni di Capitan Mulumbu (milita nel WBA, Premier League) sono state chiare: «Siamo una squadra giovane. Ora rimane solo da lavorare. Ho apprezzato molto questo percorso di qualificazione, perché per la prima volta squadra, tecnico, federazione e tifosi hanno remato tutti dalla stessa parte. Spero che andremo fino in fondo». Mister Ibengé, dal canto suo, ha ammesso che «vincere la Coppa sarebbe una sorpresa e potremmo farcela, ma penso che saremo più competitivi nei prossimi due, massimo quattro anni». Non resta che dare la parola al campo, sperare nella vena realizzativa e nel carisma del figliol prodigo Dieumercì Mbokani (Dinamo Kiev, ex Standard Liegi, già Anderlecht), vero uomo in più della nazionale congolese.
Una curiosità: la prima squadra di club non europea né sudamericana a disputare la finale della ex coppa Intercontinentale (ora FIFA Club World Cup) è stato il club congolese Tout Puissant Mazembe. I corvi, questo il loro soprannome, batterono nei quarti i messicani del Pachuca, in semifinale i brasiliani dell’Internacional di Porto Alegre, salvo arrendersi nella finalissima all’Inter di Benitez per 3-0. Era il 2010.
Questo articolo è stato pubblicato da Contropiede.net