Se Charles Dickens fosse ancora vivo non potrebbe fare a meno di confermare che, mai come oggi, il suo romanzo sociale Tempi difficili (1854) sarebbe il titolo perfetto per presentare il derby di Manchester in scena domenica prossima all’Etihad stadium.
C’è aria di crisi nella Manchester pallonara e il derby cade in un momento delicato sia per i Red Devils, orfani delle coppe Europee e obbligati più che mai a centrare almeno uno degli obiettivi stagionali, sia per il City chiamato a confermarsi in campo nazionale e migliorare in Champions dove negli anni scorsi sono maturate sonore delusioni.
Il derby è sentito (anche se regionalmente la rivalità più forte è quella con il Liverpool) ma è lontano dalle distinzioni religiose (si veda Glasgow), classiste (Boca-River e alle nostre latitudini Toro-Juve) o politiche (Partizan-Stella Rossa): la sfida tra Red Devils e Citizens è soprattutto una rivendicazione della leadership cittadina.
Quelli del City si dichiarano i veri tifosi di Manchester e accusano i dirimpettai di appartenere alla periferia della città e in particolare al piccolo sobborgo di Newton Heath, mentre quelli dei Red Devils ribattono affibiando ai tifosi degli Sky blues l’epiteto di Losers (perdenti) sentendosi, da sempre, superiori per titoli e blasone.
Best is not that type of player.
Malcolm Allison, allenatore in seconda del Man. City
Sono stati tanti i momenti clou di questa sfida affascinante. Immagini, aneddoti, goal che hanno alimentato la leggenda di questo derby.
A partire da una delle fiamme che ne hanno acceso la rivalità, il contrasto killer di George Best su Glyn Pardoe, che costò al calciatore dei Citizens una gamba rotta (rischiò l’amputazione della stessa) e due anni di inattività.
Correva l’anno 1970.
Quarantuno anni dopo si consumò la vendetta di Roy Keane nei confronti del difensore centrale Haaland, colpevole di avergli procurato quattro anni prima durante un Leeds-Man.United una lesione ai legamenti.
Keane ammise la volontarietà dell’intervento e dichiarò apertamente che il suo fallo era premeditato: risultato, gamba spezzata e carriera praticamente finita per il norvegese.
Hanno fatto scalpore anche i trasferimenti da una sponda all’altra e soprattutto quello di Carlos Tevez che dallo United passò al City: al suo arrivo con i colori degli Sky Blues, la città venne tappezzata da enormi cartelloni pubblicitari con l’immagine dell’argentino e la scritta, beffarda, Welcome to Manchester.
Sono 24 i calciatori che hanno vestito entrambe le casacche (tra gli altri, il pallone d’oro Denis Law con un passato al Toro, il portiere danese Schmeichel e il bomber Andy Cole); uno il tecnico che ha allenato tutte e due le franchigie (Ernest Mangnall, oltre 800 partite con le due di Manchester) e ben tre quelli in grado di giocare per una e allenare l’altra: il più famoso è Sir Matt Busby, calciatore con il City, allenatore dello United di Best e Charlton recordmen di presenze sulla panchina dei Red Devils per 24 anni consecutivi, fino all’avvento della leggenda Ferguson.
A volte capita di avere dei vicini rumorosi, non ci si può far nulla, saranno
sempre rumorosi. Tu devi solo continuare la tua vita, accendendo la tv e alzando il volume un po’ più alto.
Sir Alex Ferguson, parlando del nuovo corso del City dopo l’avvento degli Emiri
Il derby amplifica le sconfitte. Provate a perdere 6-1 in casa contro un avversario qualsiasi oppure fatelo in un derby. Nell’ottobre del 2011 il famoso rovescio subito a domicilio dallo United lanciò i Citizens, trascinati da un super Mario Balotelli (doppietta per lui nel giorno della famosa maglietta Why always me?) alla conquista del terzo titolo della loro storia.
Al termine della Premier il City trionfò grazie alla miglior differenza reti proprio ai danni dello United. Al 94′ dell’ultima giornata Aguero segnò il goal del 3-2 finale contro il QPR, regalando ai tifosi il campionato a distanza di 41 anni dall’ultima vittoria della franchigia.
La storia dice che in Premier su 150 sfide, il bilancio è favorevole allo United con 59 vittorie, 49 pareggi e 42 vittorie per il City. Nelle 77 partite disputate in casa del City, il bilancio è praticamente in pareggio: 25 vittorie per i padroni di casa, 28 pareggi e 24 vittorie degli ospiti.
È stato il peggior risultato della mia carriera. Quando sono tornato a casa, sono andato a letto e ho nascosto la testa sotto il cuscino.
Sir Alex Ferguson, parlando del tracollo casalingo 1-6 nel derby
Il derby di Manchester è soprattutto una partita tra due squadre economicamente potentissime, con Emiri e Americani che hanno investito ingenti somme, portando sotto le loro insegne fior di campioni, che solo nel 2010 hanno prodotto un quarto delle entrate dell’intera Premier League.
Grazie all’avvento dei petrodollari, i risultati sportivi degli ultimi anni si sono equilibrati e il City è competitivo e vincente come mai nella sua storia.
Il cileno Manuel Pellegrini è al suo secondo anno alla guida del City che difende il titolo di campione d’Inghilterra. Il mercato non ha portato nomi in grado di solleticare le fantasie dei tifosi: Mangala (disastroso il suo impatto con la Premier) e Fernando provenienti entrambi dal Porto, il portiere Caballero (riserva di Hart) e i parametri zero Lampard e Sagna.
La squadra denota preoccupanti cali di tensione che hanno contribuito a renderne accidentato il percorso in Champions (pareggio, 2-2, contro il modesto CSKA dopo essere stati in vantaggio per 2-0) e in Premier dove i Citizens sono sì al terzo posto, ma staccati di ben 6 lunghezze dal Chelsea capolista (17 punti raccolti contro i 23 dei Blues); a riguardo pesa oltremodo la battuta di arresto subita nell’ultimo turno contro il sempre più sorprendente West Ham di Sam Allardyce, in una partita in cui il City ha pagato la grande aggressività e l’intensità di gioco degli Hammers.
Se poi aggiungiamo la fresca eliminazione subita dal Newcastle in Coppa di Lega (0-2 in casa), il clima attorno alla truppa di Pellegrini si sta facendo decisamente pesante.
Van Gaal è al suo primo derby. Il tecnico olandese continua con le sue alchimie tattiche trascinandosi il pesante fardello della tragica stagione 2014 targata Moses cercando di far dimenticare, ad un ambiente ancora sotto choc, il pesante addio di Sir Alex Ferguson.
La partenza dei Red Devils è stata difficile, la tourneè estiva in America si è dimostrata un fuoco di paglia e nelle partite ufficiali van Gaal ha raccolto sonore e rocambolesche sconfitte: il 4-0 contro in Coppa di Lega contro il Milton Keys Dons (squadra di terza divisione) e il ribaltone subito in Premier contro il neopromosso Leicester (5-3 con quattro goal subiti in 21 minuti, dopo essere stati in vantaggio 3-1).
Ma non finisce qui, manca la continuità nei risultati e la squadra non sembra aver ancora assimilato schemi e mentalità.
In campionato lo United è ottavo con 13 punti, frutto di 3 vittorie, 4 pareggi e 2 sconfitte.
Quali sono le dieci cose che odio di più nella vita?
Io odio…il Manchester United. Dieci volte.
Liam Gallagher, ex leader degli Oasis
I numeri parlano chiaro e il problema maggiore per entrambe le squadre arriva dalla difesa visto che in 9 partite il City ha subito 10 reti e lo United addirittura 13. Lo United patisce molto le palle inattive (addirittura 4 goal subiti), mentre il City ha concesso più di 11 tiri a partita.
Gli attacchi sono piuttosto frizzanti (19 goal del City contro i 16 dello United) e entrambe le squadre amano fare possesso palla (61%-57% sempre per il City).
Il risultato è una alta percentuale di passaggi completati: 86% per entrambe.
Se è vero che entrambi gli allenatori prediligono il possesso palla, le due squadre hanno caratteristiche di gioco diametralmente opposte.
Pellegrini chiede ai suoi di giocare molto la palla nella metà campo avversaria e di provare l’imbucata verticale per i tagli di Aguero (già 9 goal per lui) e Dzeko.
Le geometrie di Silva e Tourè, unite alla rapidità di esecuzione di Navas e Milner, consentono agli attaccanti di Pellegrini di arrivare al tiro 17 volte di media a partita, di cui 6 terminano la loro corsa tra i pali avversari.
Lo United cerca maggiormente le fasce, sfruttando l’ampiezza del campo, allargando il gioco e crossando molti palloni (26 fino ad ora): per questo lavoro sono sollecitati in maniera decisiva i due terzini Rafael e Shaw (non molto apprezzato da Van Gaal che solo ultimamente lo ha schierato da titolare).
I molti palloni lunghi invece sono l’arma che innesca la rapidità dei suoi avanti, Di Maria (4 assist), Van Persie e Rooney (tutti autori di 3 reti), e sfruttare le loro caratteristiche nell’uno contro uno.
Su tutti è stato Di Maria l’uomo che fin qui ha fatto la differenza, mentre l’acquisto dell’ultima ora di mercato, Falcao, non ha ancora avuto grande spazio ma quando è stato chiamato in causa ha fornito discrete prestazioni (2 assist e 1 goal in 3 partite).
Ho indossato la mia maglietta. Era una giornata fredda e il colletto mi rimase su. Abbiamo vinto e da quel giorno, giocare con il colletto tirato su divenne una abitudine.
Eric Cantona, 6 Dicembre 1992 dopo United-City 2-1
Sarà sicuramente una partita che segnerà una svolta positiva per chi la vincerà. Lo United per iniziare la rimonta e trovare una precisa identità ma soprattutto per Van Gaal che vorrà presentarsi ai suoi tifosi con uno scalpo eccellente. In sintesi lo United dovrà alzare l’asticella e confermare quanto di buono fatto vedere nell’ultimo turno di campionato con il pareggio acciuffato in extremis contro il Chelsea: una prova di carattere non ancora sufficiente per certificare la rinascita dei Red Devils, ma tre punti fuori casa nel derby potrebbero essere il giusto elisir.
Per il City la vittoria sarebbe la conferma di una leadership cittadina e il trampolino di lancio per affrontare il delicato match di Champions, sempre in casa, contro il CSKA Mosca.
C’è attesa e ovvia curiosità. Aspettiamoci qualche sorpresa da Van Gaal che proverà a sparigliare le carte: tra i due allenatori sembra quello disposto a rischiare qualcosa di più.
Il derby del resto è La partita da vincere a tutti i costi. Non provarci, rischiando qualcosa, sarebbe un delitto.
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