I nove giorni del Conte

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Premessa.
Non sono un estimatore del neo ct azzurro A.C.
Scevro da ogni ragionamento sul suo passato provo a tracciare un resoconto di quanto avvenuto da Bari ad Oslo.

 

A.C si siede sulla panchina della Nazionale italiana di calcio. A dir la verità più che sedersi, A.C si muove, si agita, urla e macina chilometri davanti alla panchina stessa.
Lui è fatto così. Uomo di campo, genuino, tifoso, sanguigno, a volte un po’ grottesco con quella sua parlantina stridula, non simpatico di certo.
Siamo al nono minuto del suo esordio azzurro, a Bari contro l’Olanda, e siamo 2-0.
Che dire? Si parte con il piede giusto in una amichevole, cosa che normalmente la nostra nazionale snobba e (spesso) perde.
A.C sa che si gioca molto e deve subito dimostrare chi comanda: allora fuori dalle convocazioni il controverso Balotelli, dentro la nouvelle vague Immobile-Zaza e un manipolo di aficionados che avevano fatto perdere le loro tracce azzurre: Giaccherini, Giovinco e Osvaldo solo per citarne alcuni.
In poche parole A.C si affida (almeno per il momento) ai suoi uomini, quelli di cui si fida, dato che, allo stesso tempo, deve fare a meno di Chiellini, Pirlo e Barzagli.
A.C riparte da dove aveva lasciato: modulo 3-5-2 esattamente come farebbe qualunque allenatore che vuole rischiare poco o niente.

La prima amichevole fila liscia che è un piacere. 2-0 all’Olanda terza al recente mondiale brasiliano.
Poco importa se l’andamento del match è stato condizionato da una espulsione (forse eccessiva) al difensore olandese Martins Indi.
Peccato, il banco di prova sembrava interessante, così è stato poco più di un allenamento, vinto peraltro in scioltezza.

Nemmeno il tempo di esultare che si parte per Oslo. Un piccolo qui pro quo con la sua vecchia società (che sgarbo ridicolo quello di A.A, proprio nei confronti di A.C che tanto ha dato ai colori b/n) e poi di nuovo giù a testa bassa contro un avversario solo sulla carta pericoloso: la Norvegia, che non battiamo a domicilio dai tempi di Vittorio Pozzo e Meazza.
A.C è un satanasso, si agita tantissimo, urla al suo solito, ammonisce  i suoi sull’arbitro: “Questo non fischia un cazzo”. E siamo al tredicesimo, del primo tempo. Mah…

Si nota un piglio diverso. Non c’è la democristiana compassatezza dei centrocampi prandelliani, ma una freschezza e un dinamismo figli quantomeno dell’aria nuova che si respira. Si cerca l’ampiezza per gli esterni Darmian e De Sciglio (il movimento di Lichtsteiner che passa dietro al difensore visto già due-tre volte con Darmian protagonista), De Rossi che orchestra senza troppi fronzoli, il pressing e là davanti, la coppia Immobile e Zaza che combinano e corrono molto.
Da una bella azione con velo del primo, nasce il goal di Zaza (leggera deviazione di Nordtveit) con il dubbio di un presunto fuorigioco attivo di Immobile che potrebbe influire sulla visuale del portiere…tant’è…0-1.
Questi giovani norvegesi corrono ma a parte i volenterosi King e Moeller-Daehli che fanno vedere qualcosa di discreto, la coperta è un po’ corta e Buffon è inoperoso.
I nostri, nonostante tutto, perdono il comando delle operazioni e la palla ce l’hanno spesso i giovani virgulti.
Facciamo un po’ fatica (poca preparazione) soprattutto in fase di costruzione dove lasciamo giocare i palloni che scottano a Ranocchia, Astori e Bonucci.
Il terzo, che è dotato di buon piede, nel giro palla mi sembra sempre un po’ preoccupato di non fare sciocchezze e ricorre forse troppo al lancio lungo.

Poi, nel momento migliore dei nostri avversari, colpiamo.
Cross di Pasqual (appena entrato) e inzuccata di Bonucci.
0-2, A.C. ha anche le stelle dalla sua parte.

La partita si mette sui binari giusti e i nostri sfiorano a più riprese il terzo goal.

Qualche curiosità. Ho sentito che l’Italia non perde una partita di qualificazione a Mondiali e/o Europei da 41 match, l’ultima sconfitta contro la Francia 3-1 (Qual.Europei 2008): era l’Italia di Donadoni che poi vinse il girone con record di punti (29).
E quindi cosa è cambiato? L’Italia queste partite di qualificazione dal 2007 ad oggi non le ha mai perse.

Qualcosa A.C lo ha fatto. In nove giorni ha saputo migliorare l’approccio, ha lavorato sulla testa dei giocatori (le frasi ad effetto servono a quello) non sarà Freud o Jung (e non lo è di sicuro) ma conosce i suoi polli.

Del resto, per lavorare con serenità (e A.C non lavorerà mai con serenità, perché la serenità non gli appartiene, lui recita il copione del duro, l’inflessibile, non ha tempo per la serenità, deve mostrare sempre il suo lato incazzato) serviva partire bene e lui lo ha fatto.
Probabilmente il risultato contro la modesta Norvegia per molti era dovuto, ma basta dare una scorsa agli esiti delle partite di Portogallo (0-1 in casa contro l’Albania), Bosnia (1-2 in casa contro Cipro), Olanda (1-2 fuori contro la Rep.Ceca), Turchia (0-3 in Islanda) e anche le sofferte vittorie di Croazia, Germania e Inghilterra devono ammonire che il livello è più basso (verissimo), ma la buccia di banana è sempre lì…
Insomma, la strada è lunga, il girone nasconde poche insidie (Croazia) e i miei dubbi tecnici su A.C restano: la scarsa esperienza internazionale, gli scarsi risultati ottenuti in Europa, la capacità di sapere essere prima che un bravo allenatore, un bravo selezionatore e infine la gestione di stampa e pressioni esterne.
Non basterà agitarsi e urlare, fare il duro e l’inflessibile.
Spero lo sappia.

 

Pubblicato da Danilo Baccarani

Di Torino, amante di calcio e sport, laureato in storia del Cinema, innamorato di Caterina e Francesco, sposato con il Toro. Se rinascessi vorrei la voleè di McEnroe e l'impermeabile di Bogart, ché non si sa mai.

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