La “Copa”* d’Africa – resoconto e riflessioni sul torneo continentale

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Si è conclusa la trentesima edizione della Coppa d’Africa tra mille contrasti, gravi difficoltà organizzative e logistiche, segnata dai fallimenti sportivi (Tunisia, Gabon, Camerun, Zambia e Burkina Faso) e da una monetina galeotta, dalle polemiche arbitrali che hanno spinto i padroni di casa ben oltre i propri meriti e in ultimo, purtroppo, dagli scontri avvenuti durante la semifinale tra Ghana e Guinea Equatoriale. A trionfare sono stati gli Elefanti ivoriani, orfani del loro più grande giocatore di tutti i tempi, Didier Drogba, che si sono laureati campioni a ventitré anni di distanza sempre contro il Ghana, sempre ai rigori, sempre ad oltranza in una finale che è stata la copia carbone di quella del 1992.

rawImageFase a gironi

Partiamo dalla prima fase, dove l’equilibrio l’ha fatta da padrone. Ben 13 partite su 24 sono terminate in pareggio, e di queste 13 ben 10 sono terminate 1-1. Nel girone A si è registrata la prima sorpresa eclatante del torneo, grazie all’exploit della Guinea Equatoriale che ha superato il primo turno eliminando le più quotate Gabon e Burkina Faso. Incredibile soprattutto la vittoria degli equatoguineani proprio contro Aubemayang e compagni: da un lato l’assedio del Gabon, incapace di trasformare le tantissime occasioni da rete, e dall’altro il cinismo e un pizzico di fortuna dei padroni di casa, che prima trasformavano un rigore generoso con Balboa (ex del Real Madrid dei Galacticos) e poi chiudevano in contropiede grazie a Salvador. Inevitabile che resti più di un dubbio sulla qualificazione di una squadra tanto modesta, ed è innegabile che il fattore arbitrale abbia inciso sul passaggio del turno. Al primo posto del girone il Congo di Claude Le Roy, sempre più Stregone bianco e al suo ennesimo miracolo da allenatore, un professionista serio e preparato che avrebbe meritato una carriera più fortunata e vincente. Sorprese in negativo il Burkina Faso, che in piena involuzione tecnico-tattica non ha ripetuto la trionfale coppa del 2013 quando si fermò solo in finale davanti alle Aquile Nigeriane, e il Gabon di Aubemayang.

Nell’equilibratissimo girone B, conclusosi con 5 pareggi e una sola vittoria, le gerarchie sono state confermate: più forte delle altre la Tunisia di Leekens, deludente lo Zambia (lontano parente della squadra capace di vincere nel 2012) e sfortunato il piccolo Capo Verde che, nonostante il maggior tasso tecnico, ha pagato le sue difficoltà sotto porta. La Repubblica Democratica del Congo si è classificata al secondo posto del girone solo grazie alle reti segnate (2 contro 1 di Capo Verde): una qualificazione che ha ricordato da vicino quella azzurra ai Mondiali di Spagna ’82. Per il folkrostico portiere Kidiaba, capitano della nazionale e del TP Mazembe con cui ha vinto ben 2 Champions League d’Africa, un altro risultato da aggiungere ad una carriera ricca di successi e l’ennesima occasione per mostrare la sua tipica esultanza bum-bouncing. L’immagine che rimarrà scolpita nella memoria collettiva è quella dei giocatori capoverdiani che piangono al termine della partita con lo Zambia. Il pareggio (0-0) li ha condannati ad una prematura e ingiusta eliminazione, mentre Giove Pluvio ha scaricato su Ebebiyin una tempesta di acqua che ha reso il campo un vero e proprio acquitrino.

Il girone C ha incoronato il Ghana e l’Algeria, che hanno ottenuto il passaggio del turno ai danni di Senegal e Sudafrica. I Bafana Bafana sono stati senza ombra di dubbio la peggior squadra tra le 16 qualificate: due sconfitte e un pareggio, un punto all’attivo, ben sei le reti subite. Il Senegal ha provato a  giocare il ruolo di terzo incomodo, riuscendoci fino alla partita della verità contro i quotatissimi algerini. Troppo forte l’Algeria di Soudani e Brahimi, che passa il turno come seconda: una posizione che si rivelerà decisiva nel futuro dei maghrebini all’interno della competizione. Il Ghana è stato capace di arrivare fino alla finale di Bata, grazie ad un collettivo tecnico che ha sbagliato una sola partita (la prima del girone) contro il Senegal: sconfitta beffarda, che aveva gettato più di un’ombra sulla squadra dell’ex tecnico del Chelsea, Avraam Grant.

APTOPIX Equatorial Guinea Soccer African CupNel girone D è successo di tutto. Anche qui, cinque partite su sei si sono concluse con un pareggio. A spuntarla è stata la Costa d’Avorio, che è cresciuta di partita in partita: nel primo match l’espulsione di Gervinho, e successivamente due partite pareggiate dopo essere andati in svantaggio. Difficoltà che gli Elefanti si sono lasciati alle spalle, cambiando marcia e raggiungendo la tanto agognata finale a suon di vittorie. Malissimo il Camerun. Privi di Eto’o, modesti tecnicamente, con uno spogliatoio logorato dalle tensioni interne e una federazione drammaticamente assente, i Leoni indomabili hanno mostrato tutti i limiti di una squadra oramai alla deriva. Nemmeno i rigidi dettami del tedesco Volker Finke hanno potuto risollevare una situazione veramente disastrosa. Quanto accaduto per l’assegnazione della seconda piazza del girone ha dell’incredibile. All’ultimo turno, dopo ben 4 pareggi, la classifica vedeva tutte le squadre appaiate a 2 punti, con lo stesso numero di reti segnate e subite (2). Mentre gli ivoriani risolvevano la questione con il Camerun (1-0), nell’altro match tra Guinea e Mali il risultato si cristallizzava in un definitivo e tragico 1-1 e per risolvere la disputa, si rendeva necessario un sorteggio con la monetina. Il giorno dopo, alla presenza dei dirigenti delle due federazioni, il lancio ha premiato i guineani di Kevin Constant e ha rispedito a casa il Mali. La reazione del Presidente della federazione Maliana non si è fatta attendere: “Questo è il modo più crudele di perdere – ha tuonato Boubacar Baba Diarra – Devono trovare un altro sistema. Contino gli angoli, le punizioni, valutino il fair-play, ma così no“. Non è la prima volta che in Coppa d’Africa si ricorre alla monetina per stabilire il passaggio del turno: sono ben tre i precedenti e ad avvantaggiarsi furono Tunisia (1965, ai danni del Senegal), Congo (1972 contro il Marocco, poi i congolesi vinsero la coppa) e Algeria (1988, contro la Costa d’Avorio). Oltre alla monetina, questo è anche il girone delle forbici recuperate in campo dallo stupito maliano Bakary Sako: lanciate dagli spalti? Dimenticate da un medico poco attento o da un giardiniere molto scrupoloso? Scherziamo ovviamente sulla terza ipotesi, ma l’immagine racconta, se mai ce ne fosse bisogno, che anche questa è la Coppa d’Africa.

APTOPIX Equatorial Guinea Soccer African CupQuarti di finale

Tre conferme e una sorpresa. Quattro partite, finalmente molti goal (16 in 4 partite), un supplementare e un furto. Partiamo dalle note positive. Uno spot per il calcio, una fuga dai tatticismi, un match emozionante che pochi dimenticheranno, un derby: stiamo parlando di Congo-Rep. Dem. Del Congo. 4-2 per questi ultimi, che hanno compiuto una rimonta che passerà agli annali della Coppa. Sotto per 2-0 al 62’, in trentacinque minuti (dal 65’ al 90’) i Leopardi hanno calato il poker grazie soprattutto a Mbokani e ad un blackout collettivo degli uomini di Le Roy.

Altra partita emozionante è stata quella tra Costa d’Avorio e Algeria. Sulla carta poteva essere una finale e forse avrebbe meritato di esserlo, per blasone, per tecnica e per la qualità degli interpreti. Altro capolavoro motivazionale del fascinoso Hervè Renard, allenatore della Costa d’Avorio, già vincitore di una Coppa d’Africa con lo Zambia: doppietta dell’ottimo Wilfred Bony e ciliegina sulla torta di Gervinho, reduce dalle due giornate di squalifica inflittegli nel match inaugurale del girone D, per il 3-1 a finale.

Senza storia il match tra Ghana e Guinea, con le Black Stars superiori in ogni parte del campo: il miracolo della monetina ha subito portato alla famosa legge del contrappasso, e i guineani hanno abbandonato il torneo. Doppietta di Atsu e goal di Kwesi Appiah per regolare i modesti guineani.

APTOPIX Equatorial Guinea Soccer African CupL’ultimo quarto di finale è quello delle polemiche. Dello scandalo. Cile 1962, Inghilterra 1966, Argentina 1978, Corea 2002 e ora, nel libro nero degli aiuti reiterati, aggiungiamo anche la modestissima Guinea Equatoriale. Prendete un dittatore, uno stato che ha bisogno di essere legittimato agli occhi del popolo sottomesso, una nazione ai primi posti nel mondo per corruzione e otterrete il risultato di Tunisia-Guinea Equatoriale, con la compiacenza della federazione africana spettatrice di uno scempio e il direttore di gara delle Mauritius, Rajindraparsad Seechurn, sospeso per 6 mesi e rimosso dalla lista dei migliori arbitri della Caf poco dopo la fine del match. Un rigore inesistente che ha permesso ai padroni di casa di pareggiare (eravamo al 90’) e di allungare la partita ai tempi supplementari. Al 102’ grazie ad una magia di Balboa è arrivata la punizione (fallo inesistente) per il 2-1 finale che mandava la Guinea Equatoriale in semifinale.

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Semifinali

Se l’obiettivo era quello di far arrivare i padroni di casa più avanti possibile, i vertici della Caf hanno raggiunto il risultato perfetto. La semifinale contro il Ghana sembrava essere un ostacolo insormontabile e così è stato. E così, dove non sono arrivati federazioni e arbitri corrotti e compiacenti, ci ha pensato la follia collettiva dei tifosi di casa che hanno rovinato una festa peraltro non meritata. All’82’ minuto della semifinale contro il Ghana (sotto per 3-0) è iniziato un fitto lancio di oggetti verso il settore ospiti che ha costretto l’arbitro a sospendere il match per oltre mezz’ora. I calciatori della Guinea Equatoriale hanno provato a convincere i propri tifosi, mentre un elicottero sorvolava il campo, con i giocatori ghanesi increduli che assistevano alla diaspora dei loro tifosi costretti a riparare dietro una delle due porte. Il tutto mentre la polizia locale proteggeva con gli scudi antisommossa la nazionale ghanese. Scene raccapriccianti, che hanno scritto la parola fine sul torneo dei padroni di casa, che, per inciso, sono stati diffidati e non condannati (si parla forse di una squalifica e un match a porte chiuse) e hanno ottenuto di disputare la finale terzo e quarto posto, come se nulla fosse accaduto.

Nell’altra semifinale la Costa d’Avorio ha mostrato i muscoli contro la Rep.dem. del Congo. 3-1 il risultato finale, grazie ai goal di Yaya Tourè, Gervinho e Kanon (rigore di Mbokani per la Rep.dem del Congo) che hanno regolato gli sforzi della nazionale allenata da Florent Ibengè: gli Elefanti hanno riconquistato la finale dopo le sconfitte del 2006 e del 2012 e la vittoria (finora unica) nel 1992.

gervinhoFinale

Partita nervosa, spezzettata, fallosa e praticamente priva di emozioni per 120 minuti. 0-0 scontato e ai punti, forse, avrebbe meritato qualcosina di più il Ghana di Grant. Il velocissimo Atsu colpiva un palo nel primo tempo, Ayew era una spina nel fianco, come lo era Gervinho, ma nessuno riusciva ad incidere più di tanto. Machiavellicamente, la storia si ripeteva. Sembrava di essere tornati indietro di ventitrè anni, e ai rigori succedeva l’imponderabile. Una partita praticamente uguale a quella del 1992, con il Ghana che scattava in avanti 2-0 e gli Elefanti che rimanevano di sasso davanti a Razak: prima Bony spediva sulla traversa e Tallo, entrato al 120′, metteva malamente a lato. Sembrava fatta fino agli errori consecutivi di Acquah (man of the match) – parato dal portiere ivoriano Barry – e poi da Acheampong che tirava fuori. Da qui in avanti una lunga serie di rigori tirati alla perfezione, con Barry che sfiorava il miracolo più volte, mentre il suo collega Razak sembrava in balia degli eventi, tant’è che André Ayew attraversava tutto il campo per incoraggiarlo: robe mai viste. Giocatori liberi di scorazzare per il campo, panchinari in preghiera e due persone che restavano imperturbabili alla successione delle emozioni: Renard con la sua camicia bianca e Gervinho seduto su una sedia di plastica, spalle alla porta.

APTOPIX Equatorial Guinea African Cup SoccerDopo venti rigori erano proprio i portieri a dover tirare: prima Razak angolava ma non abbastanza e Barry respingeva. Il rigore successivo toccava proprio a Barry, che battezzava l’angolo alla sinistra di Razak e lo trafiggeva regalando la seconda Coppa d’Africa della storia alla Costa d’Avorio. Questa è proprio la favola di Barry, trentacinquenne, chioccia del giovane titolare Gbohouo che durante la semifinale si è infortunato dando il la a questa meravigliosa storia di calcio. Storie come quella di Hervè Renard, due coppe d’Africa vinte da allenatore negli ultimi tre anni, un’inseparabile camicia bianca, un balletto con i suoi giocatori e un abbraccio all’inconsolabile André Ayew. Immagini, emozioni e ricordi indelebili per gli amanti di uno sport che ogni volta regala storie che amiamo raccontare. Si chiude con Tourè e compagni che festeggiano, mentre su Bata la pioggia si fa sempre meno insistente: si chiude così, con i volti sorridenti degli ivoriani e le lacrime dei ghanesi. Teodoro Obiang e la sua dittatura sorridono, la Guinea Equatoriale ha avuto il suo momento di celebrità internazionale: ora, però, si spengano i riflettori e tutto continui, imperterrito, come (e peggio di) prima.

*Il gioco di parole ricorda volutamente il soprannome dell’eroe della finale, Boubacar “Copa” Barry.
**L’articolo è stato pubblicato da contropiede.net ilgiornale.it

Pubblicato da Danilo Baccarani

Di Torino, amante di calcio e sport, laureato in storia del Cinema, innamorato di Caterina e Francesco, sposato con il Toro. Se rinascessi vorrei la voleè di McEnroe e l'impermeabile di Bogart, ché non si sa mai.

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